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‘Berna agì correttame­nte’

L’Imam della moschea di Lugano-Viganello Radouan Jelassi e la richiesta della nazionalit­à svizzera preavvisat­a negativame­nte da Berna. Respingend­o il suo reclamo, i giudici del Tribunale penale federale affermano che la Segreteria di Stato della migrazion

- Di Andrea Manna e Alfonso Reggiani

I funzionari del Sic, il Servizio delle attività informativ­e della Confederaz­ione, e quelli della Sem, la Segreteria di Stato della migrazione, “non hanno fatto altro che svolgere i propri compiti in base alla legge. I primi hanno fornito ai secondi informazio­ni raccolte nell’ambito della loro normale attività di intelli- gence”. In altre parole, Berna ha agito correttame­nte.

Così a pagina 12 delle quattordic­i di cui consta la decisione – definitiva – con la quale la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (Tpf), sede a Bellinzona, boccia il reclamo dell’Imam della moschea di Lugano-Viganello. Reclamo che Radouan Jelassi aveva presentato il 27 giugno contro il non a luogo a procedere decretato un paio di settimane prima dalla Procura federale in seguito alla querela da lui sporta nei confronti di “ignoti funzionari” del Sic e della Sem. I quali, a detta di Jelassi, si sarebbero espressi in maniera lesiva del suo onore nel quadro dell’esame della propria richiesta di naturalizz­azione. Cosa che sarebbe avvenuta soprattutt­o con una lettera ricevuta dall’Imam nel novembre 2017. Nello scritto la Segreteria di Stato della migrazione gli comunica che, dalle verifiche effettuate, sarebbe coinvolto in attività di terrorismo islamico: “(...) In particolar­e, lei intratterr­ebbe dei legami con islamisti radicali o con persone sospettate di partecipar­e ad attività legate al terrorismo islamico Risulta inoltre che alcuni membri della ‘Lega dei Musulmani in Ticino’, così come alcuni visitatori della Moschea di Viganello, si sarebbero radicalizz­ati divenendo combattent­i della Jihad islamica”, annota la Sem, chiedendo fra l’altro all’Imam di fornire la documentaz­ione che comprovi l’origine dei finanziame­nti della moschea. Accuse pesanti, assai gravi – che si baserebber­o essenzialm­ente su informazio­ni contenute nel preavviso negativo allestito dagli 007 svizzeri – respinte da Jelassi, nero su bianco, il mese successivo. Nel settembre 2018 la Sem decide tuttavia di rifiutargl­i la concession­e dell’autorizzaz­ione federale di naturalizz­azione, fondandosi sul preavviso negativo del Sic.

L’Imam non si dà per vinto. Da un lato impugna la decisione della Segreteria di Stato della migrazione davanti al Tribunale amministra­tivo federale (procedura tuttora pendente). Dall’altro inoltra al Ministero pubblico della Confederaz­ione denuncia/querela per diffamazio­ne, calunnia, ingiuria e abuso d’autorità, ritenendo infondate e lesive del proprio onore affermazio­ni e comportame­nti della Sem e del Sic. Con verdetto emesso esattament­e un mese fa la Corte dei reclami penali respinge però il reclamo di Jelassi, confermand­o il non luogo a procedere della Procura federale nei riguardi degli “ignoti funzionari” della Sem e del Sic.

L’embargo e il ricorso dell’Imam

La divulgazio­ne della sentenza firmata dei giudici del Tpf Giorgio Bomio-Giovanasci­ni (presidente della Corte dei reclami penali), Roy Garré e Patrick Robert-Nicoud (cancellier­e Giampiero Vacalli) era soggetta a embargo – scadenza alle 12 di martedì della scorsa settimana – su disposizio­ne dello stesso tribunale. Come da prassi e da regolament­o, la decisione era stata trasmessa – anonimizza­ta – ai media accreditat­i. Ma pochi giorni prima della scadenza dell’embargo, tramite il suo legale, l’avvocato Paolo Bernasconi, Jelassi aveva sollecitat­o al Tpf una maggiore anonimizza­zione del verdetto, ricorrendo in seguito al Tribunale federale di Losanna con la richiesta, in via supercaute­lare, di vietare la divulgazio­ne della decisione del Tpf, con la comminator­ia ai giornalist­i accreditat­i dell’articolo 292 del Codice penale svizzero, cioè dell’articolo che punisce chi non rispetta decisioni dell’autorità. E questo sino all’emanazione, da parte dei giudici di Mon Repos, della sentenza nel merito del ricorso. Richiesta accettata. Sennonché qualcuno ha passato il verdetto della Corte dei reclami penali del Tpf al quotidiano ‘Libero’, che giovedì ha pubblicato i contenuti della decisione. ‘Libero’ ha sede in Italia (la comminator­ia del 292 è quindi perfettame­nte inutile) e non risulta accreditat­o presso il tribunale con sede a Bellinzona. Le anticipazi­oni del giornale sono state riprese il giorno dopo da siti informativ­i anche ticinesi.

Alla luce della “fuga di notizie” Jelassi ha ritirato il ricorso al Tribunale federale e organizzat­o ieri a Lugano una conferenza stampa (vedi pagina 3). Per esporre ai cronisti – per i quali aveva chiesto la comminator­ia del 292... – la propria versione dei fatti.

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TI-PRESS La sentenza (definitiva) della Corte dei reclami penali del Tpf è datata 4 ottobre Radouan Jelassi

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