Shellenberger l’ecopragmatista
‘Apocalypse never’. Mai avverrà una apocalisse ecologica. Lo sostiene nel suo nuovo libro (in uscita negli Usa nel giugno 2020) Michael Shellenberger, nominato ‘eroe dell’ambiente’ da Time magazine per il suo attivismo e le sue originali idee in questo ca
«Sono un ottimista – spiega Shellenberger a L’Economia, dagli uffici californiani del suo istituto Breakthrough –. Sono convinto che lo sviluppo delle nuove tecnologie aiuterà sia l’aumento della nostra prosperità sia la protezione dell’ambiente: i due obiettivi non sono in contrasto fra loro».
Si definisce «ecopragmatista» o «ecomodernista». Per lui una crescita economica sostenibile è possibile con una strategia che diminuisce l’impatto umano sulla natura, sfruttando le risorse naturali nel modo più intensivo ed efficiente possibile, ma anche sostituendo, quando si può, i prodotti naturali con quelli artificiali. «L’errore di fondo di molti amanti della natura è l’idea che per salvarla bisogna armonizzarsi con la natura stessa – sostiene Shellenberger –. È una religione romantica che non fa i conti con la realtà. Utilizzare materie naturali al posto di quelle artificiali può essere disastroso per l’ambiente».
Il fattore plastica
Shellenberger porta l’esempio della plastica, contro cui oggi sono in corso varie campagne: «È servita a sostituire prodotti naturali come il guscio delle tartarughe marine, uccise a milioni per fabbricare le montature di occhiali – ricorda –. Tornare a usare prodotti naturali per gli occhiali, al posto della plastica, può significare quindi una nuova mattanza di quegli animali. Inoltre, non c’è alcuna evidenza scientifica che la bioplastica generata dalle piante sparisca più velocemente della plastica derivata dal petrolio».
L’olio di palma e l’estinzione degli oranghi
Un altro esempio dei danni dell’ideologia ecologica “romantica”, secondo Shellenberger, riguarda il biocarburante o carburante organico. «La sua produzione con l’olio di palma in Indonesia – sottolinea – ha provocato la distruzione di ampie zone di foreste pluviali e la morte di tantissimi animali, fra cui gli oranghi, ora minacciati di estinzione».
La via alla sostenibilità insomma è complessa e le osservazioni di un ambientalista ‘eretico’ sono utili per approfondire la discussione. Oltre gli slogan.
Una tragedia ecologica su cui il New York Times ha pubblicato una lunga inchiesta intitolata appunto “L’olio di palma doveva salvare il pianeta, invece ha scatenato una catastrofe”, dove si spiega che la decisione degli Stati Uniti dieci anni fa di usare quell’olio come biocarburante non solo ha provocato una deforestazione su scala industriale, ma anche ha fatto aumentare le emissioni di anidride carbonica.
Soluzioni pratiche e non radicali
«Il cambiamento climatico e i problemi ambientali sono fatti reali, ma richiedono soluzioni pratiche, non radicali», dice Shellenberger. E cita il ruolo delle tecnologie in agricoltura: «L’utilizzo maggiore che facciamo della terra è per produrre cibo. Grazie ai fertilizzanti e ai trattori, siamo riusciti a usare sempre meno terra per produrre cibo in maggiori quantità e in modo più efficiente. E così nei Paesi ricchi molte aree sono tornate a essere selvagge. Per esempio nel Nord-Est dell’America, in stati come il Maine, molte produzioni agricole sono state abbandonate perché non ce n’è più bisogno e al loro posto sono ricresciute le foreste».
La chiave del progresso è l’energia
Per l’attivista, «la chiave del progresso è l’energia, che però può avere un impatto negativo sull’inquinamento e i cambiamenti climatici – continua Shellenberger –. L’impatto diminuisce con il passaggio dai combustibili a bassa densità a quelli ad alta densità: dal legno al carbone poi al petrolio e al gas naturale fino all’uranio. C’è più energia in una manciata di uranio che in qualsiasi altra fonte energetica». Non è vero che l’energia nucleare sia pericolosa, sostiene Shellenberger, citando studi scientifici che documentano la sua sicurezza. «Secondo certe stime – aggiunge – l’energia nucleare ha salvato finora due milioni di vite umane grazie al suo contributo nel ridurre l’inquinamento dell’aria, che è tuttora un enorme problema in molti Paesi emergenti, dove la gente muore perché l’aria è irrespirabile».
I paradossi
L’ecopragmatista cita poi altri problemi legati alle fonti energetiche rinnovabili: «Le fattorie solari occupano estensioni di terra 450 volte più grandi di una centrale nucleare e quelle eoliche hanno bisogno di 700 volte più terra dei pozzi di gas naturale per produrre la stessa quantità di energia. Inoltre hanno ancora una bassa efficienza e alti costi anche in Paesi avanzati come la Germania, come ha denunciato il settimanale tedesco Der Spiegel». Senza contare le conseguenze inattese negative, come l’uccisione degli uccelli causata dalle pale dei mulini a vento. «In Kenya – dice Shellenberger – un impianto eolico finanziato dalla stessa Germania e da altri Paesi occidentali desiderosi di fare del bene è stato costruito lungo una rotta migratoria di diverse specie e gli scienziati avvertono che ucciderà centinaia di aquile in via di estinzione».
La via alla sostenibilità insomma è complessa e le osservazioni di un ambientalista “eretico” come Shellenberger sono utili per approfondire la discussione. Oltre gli slogan.