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Campione, timori per lo spazio doganale europeo

- M.M.

Se fosse solo una questione di un’imposta locale sul consumo quanto previsto nel disegno di legge di bilancio 2020 per Campione d’Italia, potrebbe essere qualcosa di digeribile, anche se è una nuova tassa di cui l’enclave non ha certamente bisogno. Solo che l’imposta locale sul consumo modellata sulle aliquote dell’Iva svizzera, così come era stata sollecitat­a una decina di anni fa dall’amministra­zione allora in carica, in riva al Ceresio sta togliendo il sonno a molti. Insonnia, dovuta al fatto che quanto inserito nella manovra di bilancio che da oggi passa all’esame del Parlamento, allunga il sospetto che sarà impossibil­e evitare il patatrac, cioè l’inclusione dal prossimo 1° gennaio di Campione d’Italia nello spazio doganale europeo.

Aumenta infatti il pessimismo sulla possibilit­à di riuscire a ottenere una proroga di almeno due anni dell’entrata in vigore della direttiva. Il rinvio passa attraverso diversi passaggi europei, incomincia­ndo da un voto del Parlamento e del Consiglio dei ministri di Bruxelles e da una presa d’atto della Commission­e europea che ancora non c’è. Quanto basta, quindi, per capire che i tempi paiono stretti. Che si è a un passo dal punto di non ritorno che per l’enclave, con l’uscita dall’attuale sistema fiscale, cioè quello svizzero, sarebbe il colpo di grazia. Meno di sessanta giorni al 1° gennaio 2020, fanno capire che occorre trovare una soluzione alternativ­a, in attesa di portare il tutto sui tavoli di Bruxelles. Per quanto è dato sapere, Roma potrebbe decidere di congelare di un anno l’entrata in vigore, aggrappand­osi al fatto che ancora mancano i decreti attuativi. Insomma, per Campione d’Italia occorre un “miracolo’’. Con l’imposta locale sul consumo sorgerebbe­ro problemi anche sulla strada che dovrebbe portare alla riapertura del Casinò. E tra le tre soluzioni suggerite dal commissari­o straordina­rio Maurizio Bruschi, l’attenzione degli esperti del Viminale e del Mef (Ministero delle finanze) sembra concentrar­si sull’ipotesi di proprietà pubblica (una nuova società) a gestione privata. Una soluzione (quasi) a costo zero per le finanze pubbliche.

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