È solo buonsenso
Uno degli aspetti che più mi sta a cuore in questa campagna elettorale, è quello di riportare al centro del dibattito politico le preoccupazioni del ceto medio. Mi riferisco a quella maggioranza silenziosa di ticinesi che paga fino all’ultimo centesimo d’imposte, senza ricevere in cambio un solo franco di benefici. Una categoria che i partiti tradizionali ormai da troppo tempo ignorano, utilizzando questi cittadini unicamente come bancomat per finanziare le loro politiche, siano esse ambientali, sociali o economiche.
Loro in Parlamento cambiano il mondo, tanto la fattura la paga sempre il ceto medio! Il problema è che oggi questi concittadini che mandano avanti il Paese svegliandosi ogni mattina per andare a lavorare, non ce la fanno più. Il motore si è ingrippato e rischia seriamente di fondersi. L’aumento del costo della vita, la precarizzazione del mercato del lavoro a causa degli sciagurati accordi con Bruxelles, l’esplosione di riflesso della spesa sociale dovuta alla creazione sistematica di eurodisoccupati e di euroassistiti, l’invenzione perpetua di tasse e balzelli e nuova burocrazia, ha stritolato il ceto medio in una morsa infernale tra Stato ed economia. Da un lato lavoratori poveri o sottoccupati, dall’altra piccole e medie imprese che lottano quotidianamente per la sopravvivenza, vittime privilegiate di una feroce concorrenza sleale che a Berna hanno elevato a legge. Ma in politica non basta l’analisi e la denuncia di un problema, occorre anche avanzare delle soluzioni. A mio avviso il primo obbiettivo urgente da raggiungere è quello di lasciare qualche soldo in più nelle tasche dei ticinesi, secondo un sacrosanto principio liberale. Per raggiungere tale scopo ho formulato qualche proposta concreta. L’abolizione del valore locativo, ad esempio, permetterebbe di porre fine all’ingiustizia di tassare due volte i risparmi che molti ticinesi hanno faticosamente messo da parte per acquistare un’abitazione e pagare la propria ipoteca. La deduzione totale dei primi di cassa malati dalle imposte che consentirebbe di dare un po’ di respiro a decine di migliaia di ticinesi che non beneficiano di alcun sussidio. Il “no” a nuove ecotasse, che peseranno per migliaia di franchi all’anno su famiglie e piccole imprese, evitando in tal modo di stringere ulteriormente la morsa al collo di chi non naviga nell’oro. Oppure la riduzione della pressione fiscale per quelle aziende che reinvestono una parte dei loro utili nell’attività. Ciò affinché si possa garantire sviluppo, innovazione e occupazione. Per quanto attiene al mondo del lavoro, per concludere, occorre finalmente smetterla con la politica dei cerotti e risolvere il problema alla radice: no alla libera circolazione, sì alla preferenza indigena per i lavoratori residenti. Il sistema che la Svizzera conosceva fino al 2008. Quelle appena esposte non sono proposte rivoluzionarie, né di destra né di sinistra, ma di semplice buonsenso. Proposte di un padre di famiglia del ceto medio, preoccupato per il futuro dei suoi figli ma con la ferrea volontà di non arrendersi al declino della Svizzera e del Ticino.