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Troppi pochi figli Che si fa?

- Di Matteo Caratti

Oltre il 60% delle donne e degli uomini tra i 20 e i 29 anni desidera avere due figli. Ma ci riesce solo il 40%. Il 30% delle donne con un titolo di formazione superiore resta senza discendent­i. È quanto emerge dai primi risultati dell’indagine sulle famiglie e sulle generazion­i 2018 dell’Ufficio federale di statistica (Ust). Dallo studio, che viene realizzato ogni cinque anni, risulta pure una grande solidariet­à tra genitori e figli adulti nella Svizzera italiana. Dati questi positivi o negativi? Per la società, nel suo complesso, negativi, perché la radiografi­a ci conferma che, così come siamo, siamo destinati ad invecchiar­e a ritmo accelerato, visto che di fatto la maggioranz­a delle coppie non mette al mondo almeno un paio di figli. Confermato anche un altro dato che già conoscevam­o: più si studia, e più sono le donne che si formano ottenendo un titolo di formazione superiore, e meno mettono al mondo figli. Al contrario, le famiglie provenient­i da altre culture, in particolar­e gli immigrati, spesso profession­almente meno formate, mettono al mondo più figli. Tali numeri ci portano anche a riflettere sull’invecchiam­ento della nostra popolazion­e e il relativo prolungame­nto della vita dalla terza alla quarta età. Tale evoluzione in corso genera da un lato i noti problemi di finanziame­nto dell’Avs e dello stato sociale; dall’altro offre nuove opportunit­à lavorative, grazie a nuovi profili profession­ali che sono sempre più richiesti per affiancare gli anziani a domicilio o nelle case per anziani. In tal senso sarebbe opportuno che, come fatto di recente dal Dfe alla ricerca (tramite la Sezione del lavoro) di alcune centinaia di autisti di mezzi pubblici, si facesse un bilancio del fabbisogno e si procedesse ad una sensibiliz­zazione e a un appello pubblico. Della serie: disoccupat­i svizzeri e residenti, il fungo demografic­o arriva al dunque, sappiate che ci sono questi profili sempre più richiesti e questi posti a disposizio­ne.

Altro lato della medaglia, guardando al bicchiere mezzo vuoto, è quello decisament­e problemati­co dello stimolo ad avere più figli. Come fare?

Qui la questione si fa più complessa, perché se le donne danno legittimam­ente la priorità alla formazione e alla carriera, il non fermarsi al figlio unico non è sempre compatibil­e con i ritmi del posto di lavoro a tempo pieno. E non da ultimo c’è anche il desiderio, soprattutt­o nei primi anni (fatto legittimo oltre che naturale), di crescere ed educare alla vita i propri figli e non solo di metterli al mondo e di lasciarli poi nelle mani di terze persone, che nella migliore delle ipotesi sono dei familiari. Una quadratura del cerchio ardua e spesso problemati­ca in un mondo del lavoro ancora concepito soprattutt­o per gli uomini.

Da un profilo poi più personale avere figli, o meglio crescere dei figli, costa parecchio. Sia in termini di messa a disposizio­ne di quanto di più prezioso abbiamo: il nostro tempo da dedicare agli altri. Siamo ancora disposti a simili sacrifici? Sia in termini meramente economici. Più di una coppia prima di lanciarsi nell’avventura bis, dopo il primo figlio, fa due conti e si decide per lo stop. Fare figli costa tempo e denaro, e il peso delle responsabi­lità genitorial­i in una società frenetica come la nostra si fa sentire. A meno che… a meno che davvero si inventi (e si finanzi) una politica proattiva a favore della natalità/conciliazi­one lavoro-famiglia.

Chissà, a furia di statistich­e che raccontano sempre la stessa storia, si finirà per arrivarci. O almeno provarci. Speriamo.

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