La maternità o la carriera
Secondo uno studio dell’Ufficio federale di statistica, il 30% delle donne laureate non ha figli
In Romandia e nelle grandi città si fa più affidamento agli asili nido e ai doposcuola, mentre in Ticino sono prevalentemente i nonni a curare i nipoti
Gran parte delle donne laureate temono che avere un figlio si ripercuota negativamente sulla loro carriera. Inoltre, in Ticino quasi la metà delle famiglie affida i figli a parenti o amici, principalmente ai nonni. Sono alcuni dei risultati emersi dall’ultima indagine sulle famiglie e sulle generazioni 2018 dell’Ufficio federale di statistica (Ust), pubblicata ieri.
Lo studio viene svolto ogni cinque anni e ciò permette in parte di capire come evolve la nostra società. L’indagine mostra ad esempio che continuano ad essere principalmente le donne a svolgere le faccende domestiche, anche se in modo leggermente minore: dal 2013 al 2018 la quota di economie domestiche con figli nelle quali sono le mamme a occuparsi dei lavori in casa è diminuita dal 74% al 69 per cento. Solo nel 5% dei casi sono invece gli uomini a farsene carico.
In base a questi risultati non sorprende che la conciliabilità tra famiglia e lavoro rimane problematica. Tre quarti delle donne con un diploma di grado terziario teme infatti che avere un figlio possa ripercuotersi negativamente sulle loro prospettive professionali. Infatti, sono proprio queste ultime che rimangono più spesso (30%) senza figli. Vi è inoltre anche un divario tra il numero di figli desiderati dalle giovani coppie e il numero di ‘eredi’ effettivamente messi al mondo: poco più del 60% delle persone tra 20 e 29 anni senza figli ne vorrebbe avere due, ma dall’indagine emerge che solo uno scarso 40% degli ultracinquantenni ne ha effettivamente avuti due.
Lo studio rivela anche che le possibilità o la volontà di affidare i propri figli a persone al di fuori della famiglia non è ovunque la stessa: in Romandia (quasi il 50%) e nelle grandi città (oltre il 60%) le famiglie ‘delegano’ la cura dei figli con meno di 13 anni agli asili nido o a strutture di custodia parascolastiche (come i doposcuola). Nelle Svizzera tedesca (43%) e in quella italiana (48%) si fa invece più spesso affidamento ai nonni, ad altri parenti, amici o vicini. Proprio per quanto riguarda i nonni, il Ticino è la regione nella quale sono maggiormente chiamati in causa (40 per cento).
Nel corso degli anni è invece particolarmente cambiata la percezione della donna che lavora: a metà degli anni 90 sei uomini su dieci (61%) ritenevano che un figlio in età prescolastica soffrisse se la madre esercitava una professione. Nel 2018 questa percentuale si è quasi dimezzata (36 per cento). Ma anche le donne hanno questo tipo di riserve: nel 94-95 erano circa la metà (49%) a essere di questa opinione. L’anno scorso tale quota è scesa a circa un quarto (27%). Tuttavia, anche oggi gli uomini mantengono, rispetto alle donne, un atteggiamento più scettico nei confronti delle madri di figli piccoli che lavorano.
L’Ust rileva infine che il matrimonio continua ad essere molto diffuso: oltre il 90% delle coppie con figli comuni sono sposate. Inoltre più di tre quarti delle donne e degli uomini tra i 18 e gli 80 anni hanno un rapporto di coppia. Se in questo caso si può quindi parlare di strutture famigliari tradizionali, ad essere meno tradizionale è come le coppie si conoscono al giorno d’oggi: stando all’indagine, con la diffusione sempre maggiore di internet, quasi ogni quinta coppia si è conosciuta attraverso un social media o un app. Bar, discoteche o la cerchia di amici hanno quindi perso di importanza nel far sbocciare una relazione.
Per l’indagine sono state interrogate l’anno scorso per telefono e in seguito per iscritto 16’815 persone residenti in Svizzera di età compresa tra i 15 e i 79 anni.