Dai barconi ai container
Atene – Sono stati salvati in tempo i quaranta migranti afghani trovati in Grecia all’interno di un container. Il camion che li trasportava, con targhe bulgare, è stato fermato dalla polizia durante un controllo nell’autostrada che collega le città di Xanthi e Komotini, nella parte orientale del Paese, non lontano dai confini con la Bulgaria e la Turchia. A bordo del veicolo, in cui l’impianto di refrigerazione non era in funzione, viaggiavano 41 persone, ammassate in condizioni al limite del soffocamento.
Il conducente, un cittadino georgiano, è stato arrestato, ma le forze dell’ordine sono alla ricerca anche di un secondo uomo in Turchia che sarebbe coinvolto in questa rete di trafficanti di esseri umani. Appena due settimane fa 39 migranti, vietnamiti e cinesi, erano morti in condizioni analoghe: soffocati all’interno di un Tir frigo partito dalla Bulgaria e ritrovato nel sud dell’Inghilterra. Parallelamente, o in conseguenza del calo delle traversate dal Nord Africa verso l’Italia, la Grecia è tornata ad essere l’accesso principale all’Unione europea. Sulla rotta balcanica si registra il maggior numero di arrivi di richiedenti asilo dal 2016, anno del controverso accordo con la Turchia per contenere i flussi. Ogni giorno arrivano nuovi profughi e nei campi di accoglienza allestiti nelle isole vivono ormai oltre 34mila persone, in condizioni di grave disagio.
E proprio la Grecia, retta ora da un governo di destra, ha modificato pochi giorni fa la legge relativa alle richieste di asilo. La nuova normativa accelera le espulsioni e smantella l’attuale sistema di gestione delle richieste d’asilo: in base alle nuove norme, le pratiche dovranno essere gestite entro 60 giorni, contro i tempi di attesa di cinque, sei anni delle richieste attualmente giacenti. Non poche: sessantottomila.