Socialisti in testa ma senza maggioranza
Madrid – La Spagna esce dalle quarte elezioni in 4 anni ancora senza una maggioranza chiara in Parlamento. I socialisti di Pedro Sanchez ottengono più deputati di tutti (114-119, in lieve calo rispetto ai 123 uscenti) ma tutt’altro che sufficienti per governare da soli, mentre i popolari recuperano dal tonfo storico della primavera scorsa (passando da 66 a 85-90, secondo il primo sondaggio diffuso alla chiusura delle urne). Ma è l’ultradestra di Vox a segnare il boom, più che raddoppiando i seggi (da 24 a 56-59), ormai terza forza della politica spagnola.
La formazione di sinistra Podemos risulta ridimensionata (da 42 a 30-34 seggi) e Ciudadanos crolla (da 57 a 14-15). A Madrid il rebus per formare il governo è identico a quello prodotto dalle elezioni del 28 aprile. La strada di Sanchez per restare alla Moncloa con una maggioranza chiara appare in salita, ma ormai l’obiettivo è sbloccare l’impasse che dura da troppo tempo. Le prime indicazioni non sono certo da trionfo per i socialisti, anzi. Ma con l’affluenza in calo e il peso dell’esasperante instabilità degli ultimi sei mesi, la vittoria del Psoe è la conferma di cui Sanchez aveva bisogno per provare in qualche modo ad andare avanti. Tutto intorno il vero cambiamento, soprattutto con l’avanzata di Vox, che con una formidabile rapidità è riuscito a far abbandonare remore e pudori a un elettorato che era evidentemente rimasto orfano di una voce chiara inneggiante senza ambiguità alla ‘Spagna Unita’ di fronte alla sfida dell’indipendentismo catalano, acuitasi dopo le condanne emesse il 14 ottobre dal Tribunale supremo contro i leader di Barcellona. È stato lo slogan di Santiago Abascal, che ha fatto presa e realizzato quanto fino a pochi anni fa era inimmaginabile da queste parti.
In linea con le previsioni il brutto risultato per la sinistra di Podemos guidata da Pablo Iglesias, che esce dalle urne ridimensionato. Resta però da capire cosa abbia voluto dire Iglesias con quel “tendiamo la mano al partito socialista”. Prezzo altissimo quello pagato da Ciudadanos. Eppure sei mesi fa il suo leader Albert Rivera si autoproclamava alla guida dell’opposizione. Poi l’eccessiva durezza mostrata sul dossier catalano gli ha tolto potere negoziale e i muri alzati bloccando ogni tentativo di dialogo hanno spaventato l’elettorato più moderato. Dalle urne l’unica cosa chiara che sembra emergere è la necessità di una riflessione sullo stato del sistema politico del paese.