Insoddisfatti, preoccupati e stressati
Il ‘barometro’ di Travail.Suisse indica un peggioramento delle condizioni di lavoro ‘soggettive’
Impiegati insoddisfatti, preoccupati e stressati. L’allarme è lanciato da Travail.Suisse, secondo cui le condizioni sul posto di lavoro si sono deteriorate negli ultimi cinque anni. L’organizzazione ha presentato ieri il proprio barometro annuale dedicato al tema. Per considerare la situazione al lavoro buona, sottolinea Travail.Suisse in un comunicato, devono essere rispettati alcuni criteri: protezione della salute, mantenimento della motivazione e garanzia di un certo grado di sicurezza. I valori emersi a questi tre livelli durante l’indagine sono peggiori in confronto agli scorsi anni.
Il 42,3% degli impiegati (+2,3%) si ritiene stressato. L’esaurimento emotivo è una realtà per il 13,2%. “La pressione esercitata sui dipendenti è sempre maggiore e i carichi psico-sociali sono in aumento”, spiega, citato nella nota, Gabriel Fischer, responsabile della politica economica in seno a Travail.Suisse. Malgrado ciò, logorio e tensione al lavoro non sono monitorati regolarmente dalla politica, prosegue l’esperto in materia. L’ultimo studio sul tema risale a dieci anni fa.
La confederazione sindacale punta anche il dito contro gli orari flessibili. Si tratta di un fenomeno che rende più difficile conciliare vita privata e professionale, avverte Fischer. Un lavoratore su quattro segnala problemi sotto questo profilo, una quota in crescita del 4,5% rispetto al 2015.
Il presidente di Travail.Suisse Adrian Wüthrich esige dal canto suo che la liberalizzazione delle leggi sul lavoro sia fermata e che le aziende migliorino la possibilità di programmare i turni. Capitolo stipendi: oggi circa un impiegato su otto (12,4%) pensa che la sua busta paga non sia adeguata. Tale tasso era del 9,4% tre anni fa. In merito a questa insoddisfazione evidenziata dal barometro, il sindacato ricorda la propria rivendicazione: un rialzo generale dei salari nell’ordine del 2% per il 2020. Allo stesso tempo, i lavoratori, a causa dell’evoluzione congiunturale e della svolta digitale, sono sempre più sulle spine per il proprio posto. La quota di chi teme di essere lasciato a casa è salita di 3,1 punti al 17,4 per cento. Infine, la maggior parte dei dipendenti non si sente abbastanza sostenuta dal proprio datore di lavoro alla voce formazione continua. Stando all’indagine, un interrogato su tre non l’ha seguita l’anno scorso. I motivi di ciò sono anche finanziari o legati alla mancanza di tempo.
Il 41,9% di coloro che hanno seguito una formazione continua nel 2018 ha ricevuto un sostegno finanziario o in tempo (la formazione vale in questo caso come tempo di lavoro) completo; un quarto degli interpellati, invece, se l’è dovuta pagare di tasca propria; l’8% ha potuto contare su un sostegno parziale, indica Travail.Suisse.