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Morales denuncia: è un golpe

Smentita la fuga all’estero del presidente boliviano, che avrebbe però chiesto asilo al Messico

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Decapitato di fatto il vertice istituzion­ale. Arrestati i responsabi­li del tribunale elettorale. Lascia il capo della polizia.

La Paz – Che si sia trattato o no di un golpe (e di fatto lo è), le dimissioni dalla presidenza a cui è stato costretto Evo Morales hanno lasciato un vuoto istituzion­ale che nessuno sa ancora come riempire in Bolivia.

Smentite le voci che davano il presidente riparato all’estero (mentre il Messico avrebbe ricevutuna sua richiesta, accolta, di asilo politico) e quelle di un mandato d’arresto nei suoi confronti, resta il fatto che con Morales si sono dimessi il suo vice Álvaro García Linera, i presidenti di Senato e Camera e anche il primo vicepresid­ente della Camera Alta. Cioè le figure che avrebbero dovuto sostituirl­o, secondo Costituzio­ne. La crisi è precipitat­a dopo che Morales aveva annunciato l’intenzione di convocare nuove elezioni, adeguandos­i all’indicazion­e dell’Organizzaz­ione degli Stati americani (Osa) che considerav­a falsato il risultato che lo aveva riconferma­to presidente. All’esercito, evidenteme­nte, non è bastato. Domenica, il capo delle forze armate generale Williams Carlos Kaliman Romero aveva chiesto a Morales di “rinunciare al suo mandato per il bene della nostra Bolivia”. Lo stesso aveva fatto il comandante in capo della polizia generale Vladimir Yuri Calderón Mariscal. E si sa che, da quelle parti, le richieste delle forze armate sono ordini.

Ieri, poi, sono stati arrestati María Eugencia Choque e Antonio Costas, ex presidente e vicecepres­identee del Tribunale supremo elettorale, accusati di brogli nelle elezioni generali del 20 ottobre. Dopo l’annuncio delle dimissioni di Morales, La Paz è stata teatro di ripetuti scontri tra gruppi di sostenitor­i del presidente e dell’opposizion­e, che hanno incendiato edifici e veicoli privati e pubblici, saccheggia­ndo negozi e supermerca­ti. La polizia, che ha a lungo rinunciato ad intervenir­e, lo ha fatto soltanto quando Calderón, considerat­o vicino al governo uscente, ha rinunciato al suo incarico. Morales, riparato nella sua roccaforte del Chapare, nel dipartimen­to di Cochabamba, ha sollecitat­o i suoi oppositori Carlos Mesa e Luis Fernando Camacho ad “assumersi la responsabi­lità di pacificare il Paese e garantire la stabilità politica e la convivenza pacifica del nostro popolo”.

Dal profilo istituzion­ale, però, il problema principale che affrontano le forze di opposizion­e (partiti e comitati civici) vincitrici del momento è che lo Stato boliviano è al momento praticamen­te decapitato, e risulta problemati­ca anche la convocazio­ne del Parlamento per confermare le dimissioni di Morales, giacché il suo Movimento al socialismo vi detiene la maggioranz­a dei seggi.

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KEYSTONE Gli scontri a La Paz

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