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Consulgrou­p, si chiude il cerchio

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Sarà destino. Sta di fatto che da qualche tempo a questa parte le società che mettono radici al civico 6 di via Pinacoteca Züst a Rancate prima o poi si ritrovano a fare i conti con la magistratu­ra. Cinque anni orsono era toccato alla Consulgrou­p. Di recente è stata la volta di una ditta che orbita nel settore dei presidi per la casa (dai robot da cucina ai detergenti, passando per gli integrator­i). Prima è finita nel mirino di una immobiliar­e del Locarnese: un venditore ambulante dell’azienda andava porta a porta promuovend­o un rilevatore di elettrosmo­g. Poi, il 25 ottobre, all’ingresso dello stabile sono comparsi i sigilli: al momento, ci confermano dalla Procura, gli inquirenti stanno conducendo degli accertamen­ti sull’attività che si svolgeva oltre la soglia. È andata ben oltre, invece, l’inchiesta che nell’ottobre 2014 ha acceso i riflettori sugli affari della Consulgrou­p. Un’indagine internazio­nale che ha preso le mosse da un traffico di farmaci rubati e ha sconfinato in Ticino seguendo le tracce dei soldi. Ebbene, a breve i faldoni dell’incarto torneranno sul tavolo del sostituto procurator­e generale Andrea Maria Balerna. Dei vari protagonis­ti della vicenda – 19 gli arresti in Italia –, una parte – cinque in particolar­e – è finita nei guai pure al di qua del valico. Ora che l’iter giudiziari­o italiano si è concluso e le sentenze sono cresciute in giudicato, ciò darà modo al titolare dell’inchiesta ticinese di tirare le somme sui due titolari della società (tra cui il socio italiano residente nella regione), il bancario di riferiment­o e un fiduciario locale (figura minore). Tutti ‘personaggi’ entrati in contatto con la coppia – un uomo d’affari e la sua compagna – clienti Consulgrou­p, rimasti impigliati nell’operazione ‘Pharmatraf­fic’. Operazione che ha portato alla luce un commercio parallelo di medicinali da banco e antitumora­li – trafugati da magazzini del Milanese e dirottati verso Germania, Olanda, Bulgaria e

Montenegro –, avviato nel 2010. Un ‘affare’ da circa 4 milioni di franchi, in parte (e questa è l’accusa principale) ripuliti in Ticino. Tant’è che le ipotesi di reato, da subito, sono state riciclaggi­o aggravato di denaro, falsità in documenti ed esercizio abusivo della profession­e di fiduciario. Nei prossimi mesi, quindi, si chiuderà anche il cerchio dell’inchiesta ticinese. Proprio il verdetto definitivo della Corte italiana darà modo di fare la tara alle imputazion­i e di commisurar­e le pene. Alcuni dei protagonis­ti potrebbero, insomma, essere rinviati a giudizio, altri potrebbero vedersi recapitare un decreto d’accusa.

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Sigilli: due volte in 5 anni

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