Matrici per architettura e arte
Sotto la lente di Annalisa Viati, autrice del contributo, tre soluzioni che arrivano da Locarno, Porza e Monte Carasso
‘Faces’ è una rivista dedicata alla teoria e alla critica dell’architettura, fondata nel 1985 all’interno della Università di Ginevra e interessata a capire come i temi dell’arte e dell’architettura consentono di affrontare la questione della modernità. Il numero 75 della primavera 2019 affronta un tema monografico: “Sintesi delle arti”. Lo introduce il redattore capo, Paolo Arnaldi, ponendo la questione: nel corso del secolo scorso, a più tratti si è sperato in «una nuova forma di collaborazione tra artigiani-artisti inscritta nei mezzi di produzione industriale moderni in vista della creazione dell’uomo nuovo». Il tema coinvolge nello specifico la relazione tra artisti e architetti e il primo contributo, scritto da Annalisa Viati, affronta la questione attraverso esperienze contestualizzate nella storia recente ticinese. Passiamole in rassegna.
Dentro l’esperienza
Si tratta di un progetto inedito di Peppo Brivio e cioè l’hotel a torre di Locarno; alcuni aspetti del lavoro di Adriana Beretta e in particolare due opere interagiscono in modo specifico con il tema della costruzione dello spazio e con il modo in cui possiamo concepire lo spazio quando lo vogliamo trasformare in una realtà formalizzata; l’intervento dello Studio Guidotti e di Luca Mengoni per ristrutturare la chiesa della Madonna della Valle a Monte Carasso ci propone un lavoro sinergico artistico e architettonico. Si tratta di casi molto diversi tra di loro e peraltro le due opere di Adriana Beretta prese in considerazione rispondono a tipologie diverse: la prima, intitolata ‘Altri spazi’, inventa una architettura possibile, potenziale, immaginaria, evocata e metaforica; la seconda, intitolata ‘Costruire il vuoto’, costruisce in uno spazio vuoto un sistema di segni che ne sottolineano l’essere parte integrante di una architettura domestica.
Il progetto di Peppo Brivio ci mostra come avviene la traduzione in architettura di una sensibilità e di un interesse verso specifiche tendenze artistiche e questioni scientifiche. Lo strumento di traduzione è l’utilizzo di segni grafici e geometrici che traducono «in spazi e volumi l’ordine intrinseco di talune strutture grafiche, applicando il metodo scientifico e utilizzano la carta millimetrata come guida», nella convinzione del potere benefico che le forme geometriche elementari esercitano attraverso la propria qualità estetica. Siamo in una sensibilità e in un’area occupata dalla cultura e dalla ideologia dell’Arte Concreta. All’interno della complessa articolazione del discorso di Annalisa Viati troviamo una presenza piuttosto interessante: il ruolo del segno grafico-geometrico, del punto e del segmento per esempio. L’opera ‘Altri spazi’, proposta da Adriana Beretta nella mostra alla Villa Pia di Porza, agisce su più registri e, per esempio, la scelta del gesso per confezionare i singoli tasselli meriterebbe una riflessione specifica. Nel discorso di Annalisa Viati ci si concentra sulle valenze architettoniche: con semplici oggetti, quasi delle parentesi segmentate e quindi ancora dei segni grafici, l’artista definisce, delinea uno spazio in pianta sul quale è possibile immaginare volumi da abitare. Pur essendo un intervento radicalmente diverso, il lavoro intitolato ‘Costruire il vuoto’, collocato in un vano di luce di una abitazione, conferisce volume a uno spazio vuoto intersecando segmenti di lettera T o croci assemblate. La linea curva continua dipinta su pannelli a olio monocromo che costeggiano lo spazio vuoto è pure un intervento grafico, un fraseggio muto che narra, così come l’installazione di metallo trasforma lo spazio in volume.
Semplicità geometrica
Per risolvere un problema di resilienza a condizioni atmosferiche disagevoli e aggressive, Luca Mengoni e lo studio Guidotti hanno utilizzato, nella chiesa di Santa Maria alla Valle a Monte Carasso, un sistema grafico fondato su una ricerca matematica.
Hanno infatti, seguendo la trama di una tassellatura di Penrose, distribuito dei fiorellini che «associano alla forma graziosa la funzione necessaria di giunti di dilatazione, così che dal 2004 non si è prodotta alcuna fissura».
In tutti gli esempi ripercorsi dal testo di Annalisa Viati abbiamo così la presenza di una componente grafica che può essere messa in campo attraverso una forma geometrica semplice (quadrati e parallelepipedi, segmenti, croci, croci a t, triangoli) o attraverso un segno che richiama una modalità di scrittura, anche se non riconducibile a una lingua a noi comune (i frammenti di parentesi, la linea continua curva, il punto, la puntinatura di una superficie piana). È uno dei motivi di interesse di questo tipo di ricostruzione, oltre che della relativa azione.
La matrice grafica risponde a una cultura e a una ideologia che meritano di essere analizzate e discusse e che sicuramente sono in relazione con il concetto di modernità. Lo vediamo attraverso le esperienze del concretismo nell’arte e la loro fiducia nel trovare una soluzione di equilibrio tra ricerca artistica, industria, mercato e popolo. Lo vediamo tutte le volte che ci imbattiamo in un utilizzo aberrante e riduttivo di un segno grafico all’interno di una composizione velleitariamente artistica, dove l’artefice si affida a trucchetti modernizzanti sperando di salvare un lavoro troppo fragile con un posticcio concetto di moderno. Le esperienze raccontate, per la loro intelligenza, propongono una complessa tassellatura di ipotesi e opzioni che merita di essere tenuta in conto.