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Prove d’intesa in Spagna

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Madrid – Partito socialista e Podemos proveranno a formare il nuovo governo spagnolo. L’abbraccio che Pedro Sánchez e Pablo Iglesias si sono scambiati a beneficio dei fotografi ha sigillato l’accordo messo ieri nero su bianco. Poi ci si può chiedere perché non l’hanno fatto mesi fa, evitando le quarte elezioni politiche in quattro anni. Ma non si può chiedere tutto. Se non rilevare che se l’avessero fatto prima, oggi l’estrema destra non siederebbe in Parlamento come terza forza. O forse si sono risolti a farlo proprio per questo.

In ogni caso, il premier socialista e il leader di Podemos si impegnano a trattare per formare un governo di coalizione senza porsi veti reciproci. “Un governo progressis­ta”, hanno sottolinea­to i due.

“Un accordo per quattro anni, di legislatur­a”, ha rimarcato Sánchez, come a tentare di recuperare in extremis la sua promessa di stabilità, in nome della quale aveva indetto il nuovo voto (chiedendo nientemeno della maggioranz­a assoluta e rimettendo­ci tre seggi). Dunque la svolta per Sánchez è più una necessità che una scelta. L’avanzata dell’ultradestr­a Vox, il crollo di Ciudadanos

e soprattutt­o l’esasperazi­one degli elettori non gli concedevan­o alternativ­e. Stando alle indiscrezi­oni, al leader di Podemos sarebbe garantito il ruolo di vicepremie­r nel prossimo governo.

Eventuale governo, per la precisione. Insieme, infatti, Psoe e Podemos hanno soltanto 155 deputati, una cifra lontana dai 176 necessari per la maggioranz­a in Parlamento. I due devono quindi da subito lanciasi alla ricerca di appoggi tra le piccole formazioni regionali, con numeri limitatiss­imi, giacché i partiti di maggior peso hanno già alzato il muro davanti all’intesa.

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KEYSTONE Querido

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