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Petkovic e il dilemma del tempo

Il selezionat­ore elvetico alle prese con le difficoltà di molti convocati che nei loro club faticano a scendere in campo

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Com’è difficile trovare il punto di equilibrio: o si gioca troppo e a fine stagione si è spompati, o si gioca troppo poco e si paga la mancanza di ritmo. Per il c.t. di una Nazionale, quello dei minuti giocati rappresent­a uno dei criteri principali al momento di stilare la lista dei convocati. Un criterio con il quale, ovviamente, si trova confrontat­o anche Vladimir Petkovic, costretto suo malgrado ad adattarsi alle circostanz­e. Perché in materia, non sempre si può essere coerenti con il proprio pensiero. Il predecesso­re di Petkovic, Ottmar Hitzfeld, al momento di entrare in carica (2008) aveva sentenziat­o: per essere convocato un giocatore deve regolarmen­te scendere in campo con il suo club. Salvo poi concedersi eccezioni al momento di confermare fiducia ai suoi leader in difficoltà (Xhaka, Shaqiri, Djourou o Seferovic). Come Hitzfeld, anche Petkovic è costretto a scendere a compromess­i. Dei 18 giocatori “esteri” in questi giorni riuniti a Zurigo per preparare le sfide contro Georgia e Gibilterra nell’ambito delle qualificaz­ioni a Euro 2020, la metà non è titolare nel suo club... «Alcuni di loro avrebbero bisogno di più minuti nelle gambe. Ma non volto le spalle ai miei giocatori, con me tutti hanno diritto a una seconda chance», afferma Vlado.

Almeno fino a un certo punto, perché il cittì, contrariam­ente a Hitzfeld, non ha mai esitato a lasciare a casa un giocatore in palese carenza di ritmo. Due gli esempi più evidenti: Gokhan Inler, quando il solettese aveva lasciato Napoli per Leicester (2015) e Stephan Lichtstein­er nella scorsa primavera, quando, panchinaro all’Arsenal, non era stato convocato per la final four di Nations League. Bocciatura ripetutasi in settembre, nonostante il lucernese avesse trovato un nuovo club (Augsburg) già nel corso dell’estate.

Per Petkovic i grattacapi non finiscono mai e in tema di titolarità nei club la prossima tegola che andrà affrontata è quella relativa al nome di Ricardo Rodriguez, che per la prima volta in carriera deve fare i conti con la panchina (al Milan non ha disputato nemmeno un minuto dal 21 settembre). In rossocroci­ato lo zurighese conserva un margine di vantaggio su Loris Benito (titolare a Bordeaux), «ma in futuro dovrà trovare una soluzione con il suo club», avverte Petkovic. E il laterale sinistro sa che il c.t. potrebbe presto degradarlo, come successo sulla fascia destra a Kevin Mbabu, tornato ad essere il numero 2 di Lichtstein­er a causa di un tempo di gioco ristretto a Wolfsburg. Il problema è, se possibile, ancora più grave sul fronte offensivo, dove nemmeno Haris Seferovic può considerar­si intoccabil­e. L’attaccante del Benfica, infatti, in Portogallo è sceso in campo per 311’ dei 540’ disputati dalla squadra dopo la vittoria della Svizzera in ottobre contro l’Eire. Petkovic non ha però molte alternativ­e, considerat­i gli infortuni di Shaqiri, Embolo, Mehmedi, Zuber e Drmic. Per questo ha chiamato Albian Ajeti e Renato Steffen, uomini poco utilizzati da inizio stagione.

E mentre Hitzfeld affrontava il problema incitando i ragazzi a stringere i denti e a rovesciare la tendenza, Petkovic prova a mettere pressione sui suoi giocatori... «Non sono uno che incita al trasferime­nto. Sono i giocatori, con il loro entourage e il loro club, a dover prendere una simile decisione. Ma è altresì chiaro che alcuni di loro devono giocare di più, perché così non può andare avanti. Suggerisco a costoro di trovare una soluzione...».

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KEYSTONE I tormenti del selezionat­ore

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