Orlandi venne, vide e vinse
Il fuoriclasse del Roller Biasca fa il punto sulla sua permanenza in Ticino e sul ruolo di formatore che ha fatto suo con gioia
Novara, Forte dei Marmi, Porto e ovviamente la sua Viareggio, sono alcune delle squadre in cui ha militato nella sua carriera di successo Alberto Orlandi. Biasca rappresenta solo l’ultima tappa, di una lunghissima carriera, ma una cosa accomuna tutte le fasi del suo percorso sportivo: dove gioca, Alberto vince.
Partiamo dalle origini. Cosa ti ha spinto, da ragazzo, verso il roller hockey, una disciplina non certo conosciutissima? «Qui in Svizzera – spiega l’allenatore-giocatore del Biasca – il roller ha un ruolo minore, ma a Viareggio, dove sono cresciuto, l’hockey su pista ha grande importanza. È il primo sport in città, con un grande seguito di pubblico. Da bambino speravo di poter giocare nella squadra del mio paese, davanti a tutta quella gente, e mi ritengo molto fortunato per essere riuscito a realizzare il mio sogno».
‘Occasione da non perdere’
Orlandi ha giocato in molti club di primo piano, anche fuori dai confini italiani, prima dell’approdo a Biasca, una realtà decisamente diversa rispetto ai palcoscenici a cui eri abituato? «Sono stato contattato dal Biasca nell’estate 2017. Il mio contratto con il Forte dei Marmi era in scadenza, l’opportunità offertami mi è subito sembrata interessante perché mi dava la possibilità di svolgere il doppio ruolo di giocatore-allenatore, una carica che ancora non avevo nel curriculum. Ne ho parlato in famiglia e ho accettato con entusiasmo. Arriva un momento in cui bisogna rendersi conto che non si può giocare per sempre. Nel 2020 compirò 47 anni e gioco a roller da quando ne avevo 16, dunque poter uscire “progressivamente” dal campo e acquisire esperienza come allenatore era un’occasione da non perdere».
Dopo l’ennesimo trionfo personale con la conquista del titolo svizzero, qualcuno avrebbe anche potuto pensare a un’uscita di scena, da vincente. Invece ha prolungato di un’ulteriore stagione. Orlandi si occupa anche della scuola roller, dove insegna ai bambini a pattinare, attività che potrebbe apparire in contraddizione con il palmarès sportivo (14 titoli nazionali e 15 coppe diverse, oltre al titolo di campione del mondo nel 1997). «Il ruolo di allenatore e la scuola roller comportano un grande impegno e sacrificio a livello di tempo. È per questo che, come dicevo, prima di accettare ne ho parlato con mia moglie. Posso assicurare che quello che faccio mi rende felice. Ricevo moltissimo, dal profilo umano, sia dai miei compagni di squadra sia dai bambini che alleno. Nello sport i risultati aiutano, è risaputo e ovviamente il fatto di aver vinto il titolo ha contribuito a creare entusiasmo. Si è creato qualcosa che va oltre i risultati sportivi. In questi due anni e mezzo con i compagni è nata un’amicizia vera. Tra loro si considerano fratelli, e io fungo un po’ da fratellone… Mi sento veramente ben inserito, non ho mai avuto uno screzio con nessuno». Una “leggenda” narra che tu ti sia presentato il primo giorno dicendo che per te Biasca era come il Barcellona... «Io sono così, cerco sempre di dare tutto me stesso. Quella frase era riferita al fatto che, per l’hockey su pista europeo, la realtà svizzera è considerata minore. Per me non è così, se sono venuto qui è per dare il massimo come avrei fatto se fossi andato a Barcellona o in una qualunque altra società di primo piano».
Per la prima volta il Biasca parteciperà all’Eurolega (la “Coppa Campioni” del roller, ndr). Orlandi l’ha già disputata molte volte... «Prima di tutto ritengo doveroso fare i complimenti a tutti i ragazzi per aver raggiunto questo traguardo. Per la nostra realtà è semplicemente un sogno poterci confrontare con professionisti di primo piano. Affronteremo i migliori giocatori d’Europa È chiaro che nazioni come Italia, Spagna e Portogallo hanno un livello medio molto superiore rispetto alla Svizzera. Da ogni partita dobbiamo saper trarre delle esperienze da poter portare nel nostro campionato».