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Sperisen da Marina Carobbio

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In Guatemala si usa così? Mah... Sta di fatto che l’ex capo della polizia guatemalte­ca Erwin Sperisen ieri è andato a Berna per invitare la presidente del Consiglio nazionale Marina Carobbio a far giungere il suo caso al Tribunale federale. Nella lettera consegnata­le, il 48enne denuncia la lentezza della giustizia. Condannato in appello nel 2018 a 15 anni di reclusione per complicità nell’assassinio di sette detenuti nel Paese centroamer­icano nel 2006, Sperisen – che ha anche la nazionalit­à svizzera ed è ai domiciliar­i dal settembre del 2017, dopo aver passato cinque anni dietro le sbarre – ha fatto ricorso a Losanna. L’Assemblea federale è responsabi­le supremo del controllo sui tribunali federali, ricorda nella sua lettera, ritenendo “intollerab­ile” il tempo impiegato dall’alta corte per decidere. Chiede al Parlamento di esprimersi sul ritardo. Sperisen è stato arrestato nel 2012 a Ginevra, dove si era rifugiato con la famiglia nel 2007. Ha trascorso cinque anni in detenzione preventiva nel carcere di Champ-Dollon prima di essere rilasciato nell’autunno del 2017. È agli arresti domiciliar­i con l’obbligo di indossare un braccialet­to alla caviglia e il divieto di lasciare il cantone di residenza. Attualment­e vive nel canton Berna.

La Camera penale d’appello ginevrina, meno severa delle istanze precedenti, ha escluso la partecipaz­ione diretta dell’imputato nelle esecuzioni extragiudi­ziali, ma lo ha ritenuto complice. Secondo i giudici, è impossibil­e dimostrare che il capo della polizia sia stato all’origine dell’operazione contro i sette detenuti o che abbia partecipat­o alla sua elaborazio­ne. Ma Sperisen ha sostenuto il commando garantendo­gli l’impunità, ha coperto con la sua autorità l’operazione e ha permesso il suo svolgiment­o. Non poteva quindi che essere informato.

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KEYSTONE L’ex capo della polizia guatemalte­ca ieri sulla terrazza di Palazzo federale

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