‘Orgoglioso di quanto fatto, ma poteva essere diversa’
Alcuni dei protagonisti della cavalcata mondiale di dieci anni fa – Xhaka, Rodriguez, Seferovic – hanno conosciuto una carriera ai massimi livelli. Altri si sono persi, mentre Martignoni è rimasto un’eterna promessa... «Non voglio puntare il dito contro altri, il principale responsabile per ciò che ho o non ho fatto sono io. Adesso sono orgoglioso di essere il capitano del Chiasso, ma penso di aver avuto la possibilità di ambire a qualcosa di più. Subito dopo il Mondiale andai a Cagliari, ma con il senno di poi penso che avrei fatto meglio a scegliere un’altra destinazione, magari rimanendo in Svizzera. Ma quando ti si propone un’opportunità tanto importante è difficile dire di no. Tutto quanto successo in Sardegna non mi ha aiutato a crescere come calciatore, ma come uomo sì. Subito dopo il Mondiale mi sentivo un Dio in terra, onnipotente. A 17 anni non è facile gestire una simile situazione. I miei genitori mi hanno dato la migliore educazione possibile, ma tra i 17 e i 19 anni mi sono ritrovato da solo in Sardegna, con pochi contatti con il Ticino. Quando poi, finita l’esperienza con il Cagliari, sono rientrato a Locarno, è stato difficile accettare il fallimento e ripartire da dove tutto era iniziato». Una carriera che ai massimi livelli non è mai sbocciata... «Sono contento e orgoglioso dei traguardi raggiunti. Non voglio trascorrere il tempo a piangere sul latte versato, su quel che avrei potuto fare e non ho fatto. Certo, dispiace perché rimango convinto che avevo l’opportunità di fare determinate cose in maniera diversa e, di conseguenza, avere altri sbocchi professionali. Ma ho fatto la Super League, a Lugano pur giocando poco ho assaporato il gusto di arrivare in Europa League e nelle ultime tre stagioni con il Chiasso ci siamo salvati nonostante mille difficoltà».