Malaria, la ricerca di una cura passa dal Dna del parassita
La mappa completa del Dna del parassita che veicola la malaria porta alla luce nuovi bersagli per futuri farmaci: sono geni coinvolti nella sopravvivenza del parassita e promettono una svolta nella lotta alla diffusione della malattia che causa ogni anno migliaia di morti, soprattutto nei Paesi poveri e in via di sviluppo. Pubblicato sulla rivista ‘Cell’, il risultato si deve a un consorzio internazionale guidato da Volker Heussler, dell’Università di Berna, e da Oliver Billker dell’Università svedese di Umeå. La malaria, responsabile come accennato di circa 400mila morti all’anno, è trasmessa dalla puntura di zanzare infette dal parassita del genere Plasmodium. Al momento non esiste ancora un vaccino efficace e impiegabile in larga scala, e la lotta alla malattia avviene perlopiù controllando la diffusione delle zanzare tramite zanzariere o la bonifica delle paludi. Ma adesso abbiamo “una svolta nella ricerca sulla malaria”, come dichiarato da Magali Roques, perché diventa possibile per i ricercatori concentrarsi sui geni essenziali per la sopravvivenza del parassita e quindi sviluppare farmaci e vaccini efficaci durante le varie fasi della sua vita.
Per scoprire il ruolo di ogni gene di questo parassita, e quindi individuare potenziali bersagli da colpire per neutralizzarlo, i ricercatori hanno condotto uno studio durato tre anni, durante il quale hanno analizzato il Dna del parassita e hanno eliminato uno alla volta 1’300 dei 5’000 geni presenti nel suo genoma. Rimuovendo singolarmente ogni gene è stato possibile infatti scoprire direttamente quali erano le conseguenze sul parassita, cioè che cambiamenti si verificavano nel suo organismo. Questi effetti sono stati osservati durante l’intero ciclo di vita del parassita e in questo modo è stato possibile identificare i geni chiave per la sua sopravvivenza, cioè quelli che sono coinvolti nel suo metabolismo. “Questo ci ha permesso di identificare centinaia di obiettivi, in particolare nel metabolismo del parassita”, ha spiegato Rebecca Stanway dell’Università di Berna e una dei principali autori dello studio.
Grazie a questo risultato, ha rilevato Anush Chiappino-Pepe, del Politecnico federale di Losanna (Epfl), “è ora possibile prevedere quali dei geni precedentemente inesplorati sono vitali per il parassita e sono quindi obiettivi adatti per il controllo della malaria”.