laRegione

Le speranze di Binti

Intervista alla regista belga Frederike Migom, a Castellina­ria con il suo film su diritti e sans papiers

- di Ivo Silvestro

Una ragazzina allegra e spigliata che con i suoi video divertenti vuole diventare superstar di YouTube. Ma è in Belgio senza documenti.

“Ma alla fine cosa c’è scritto di così importante su quei ‘papiers’?”. Questa è una delle domande che la regista belga Frederike Migom si sente spesso porre da bambini e ragazzi al termine della proiezione di ‘Binti’. Perché la spigliata ragazzina protagonis­ta dell’omonimo film, con la sua energia, i suoi sogni di diventare una star di YouTube, è una sans papiers, una immigrata irregolare che, se presa dalla polizia, rischia di dover tornare in quel Congo in cui è nata ma che non conosce. Perché? chiedono i più piccoli con la loro ingenuità e apertura.

È un bel film, ‘Binti’; ma soprattutt­o è bello che arrivi a Castellina­ria nei giorni del trentesimo della Convenzion­e delle Nazioni unite sui diritti dell’infanzia – sulla quale la Svizzera ha delle riserve che riguardano proprio i minorenni stranieri.

Anche per questo abbiamo incontrato Frederike Migom prima della proiezione all’Espocentro. Una chiacchier­ata che non poteva che iniziare da Bebel Tshiani Baloji, l’attrice che interpreta la vulcanica Binti i cui divertenti video sono al centro del film. Come è stata scelta? «Conoscevo suo padre, ma come musicista, non come attore: mi ha chiesto se poteva fare il provino per il ruolo di Jovial, il padre di Binti – e poi mi ha presentato la figlia. Ma era troppo giovane, aveva solo otto anni, per cui ho detto di no… ma il padre ha insistito, abbiamo fatto il provino e alla fine mi sono convinta anch’io che loro due erano l’ideale».

Jovial e Binti sono dunque padre e figlia anche nella realtà. E sono davvero originari del Congo, come nel film: «Lui è arrivato in Belgio da bambino e ha davvero avuto problemi di permessi, è anche stato in un centro… Bebel no, lei è nata in Belgio».

Ma – e su questo Frederike Migom è molto chiara – non dobbiamo pensare a Jovial e Binti come a dei clandestin­i. «La loro identità non l’essere senza documenti: ho voluto creare dei personaggi completi, al contrario di quello che capita in alcuni film dove il ‘sans papiers’ è un ‘sans papiers’ e basta. E ‘Binti’ parla di immigrati che sono in Belgio da tempo, che si sono costruiti delle vite: la mancanza di documenti è una questione amministra­tiva, non li identifica». Nel realizzare il film Frederike Migom è stata inoltre attenta a slegare colore della pelle e cittadinan­za: «Il Belgio è un Paese variegato e volevo evitare che i neri fossero tutti clandestin­i, abbiamo così e la danzatrice Maaika, nera e belga».

Com’è stato portare un tema complesso come gli immigrati irregolari in un film per bambini e ragazzi? «Rispetto a un film per un pubblico adulto? Facile e difficile allo stesso tempo. Difficile perché bisogna trovare un equilibrio tra serietà e allegria: non volevo un film troppo serio, troppo triste, perché i bambini sono bambini. È stato facile, invece, perché ho potuto evitare i grandi dibattiti politici che non portano da nessuna parte: Binti non ha i documenti e quindi se ne deve andare, è questo l’importante».

Senza anticipare troppo sulla trama del film, diciamo che c’è un lieto fine – ma parziale, perché certo Binti e Jovial possono restare in Belgio, ma non hanno ancora il permesso di soggiorno. «Per me è importante che il film sia realistico: non sarebbe stato verosimile che tutto si sistema in un attimo, tutti improvvisa­mente sono felici e contenti e con i documenti in regola. Ma non puoi avere un finale triste, in un film per ragazzi, quindi ecco questa via di mezzo, plausibile ma soprattutt­o in cui c’è la speranza».

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Bebel Tshiani Baloji è Binti

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