Ombre

Quando ho ricevuto copia della scheda che mi riguardava ho provato una miscela di sentimenti leggermente esplosiva.

Essere schedati dal tenente colonnello Ernst Cincera e dalla sua congrega era una specie di riconoscimento contorto della nostra capacità di graffiare, una medaglia di latta da appuntare sul petto come sberleffo all’immobilismo. D’altra parte ho pensato che un’operazione sgangherata (...)

(...) come quella dell’organizzazione che pretendeva di mettere a tacere i “sovversivi” era basata sulla necessità di insinuare nel contesto sociale un’infezione sentimentale; la cultura del sospetto. Mi sono chiesto più volte quale era la rete che per esempio riusciva a informare Cincera sui nomi delle persone che erano presenti in casa mia nelle sere in cui si riuniva il coordinamento del movimento in cui ero attivo. Erano vicini che ricevevano qualche mancia dalla centrale operativa? Erano scagnozzi ingaggiati per pochi soldi? Questa operazione si basava sulla delazione anonima che alimenta lo sgretolamento della solidarietà sociale e spegne la sete di conoscenza reciproca.

Nella scheda c’era anche notizia di un mio versamento postale a un gruppo che solidarizzava con una persona in prigione per motivi politici. Qui la domanda è più istituzionale: le regie federali, come le poste, erano al servizio della paranoia di gruppi che vedevano ogni gesto di ribellione come una perniciosa malattia che avrebbe contaminato la Svizzera? (si ricordi a questo proposito il libretto ‘Difesa civile’ distribuito in tutte le case qualche anno prima). Da ultimo una nota di insufficienza al metodo di lavoro dei segugi, che hanno raccolto dati in modo del tutto dilettantesco e raffazzonato. Una soddisfazione dell’istinto persecutorio piuttosto che una mappatura dei movimenti di resistenza in Svizzera.

La scheda l’ho persa in qualche scatola polverosa, ma mi è rimasta la capacità di ridere, ridire, immaginare il mondo e farmi delle domande.