Quella cena a Bellinzona con Pajetta...
A trent’anni di distanza, lo scandalo delle schedature rimane sempre una pagina nera della vita politica svizzera. Eppure lo stesso ha scosso la fiducia nel funzionamento delle istituzioni, al punto di provocare le dimissioni della consigliera federale Kopp. Lo scandalo portò alla costituzione di due commissioni parlamentari d’inchiesta: una interessò il Dipartimento federale della giustizia e in particolare i servizi di sicurezza, l’altra si occupò del Dipartimento militare.
Delle due, per quanto riguarda le schedature, la più importante e allora preoccupante era quella riguardante il Dipartimento federale di giustizia e i servizi di sicurezza. Dai lavori della stessa emerse che ben 900mila persone – svizzere, straniere e associazioni varie – erano state a loro insaputa messe sotto controllo anche attraverso l’ascolto dei loro telefoni. Riguardavano per lo più militanti della sinistra e progressisti: socialisti, comunisti (...)
(...), obiettori di coscienza, membri del movimento antiatomico, oppositori del nucleare, associazioni di stranieri come le Colonie libere.
Anch’io ebbi “l’onore” di figurare tra gli schedati con un numero impressionante di segnalazioni. Molte delle quali discutibili e assurde, perché riguardavano impegni politici anche quando facevo già parte del parlamento federale o l’esercizio di diritti quali quelli di referendum o iniziativa.
Un esempio solo fra i tanti: avevamo invitato a parlare sulla guerra in Vietnam il parlamentare del Partito comunista italiano Giancarlo Pajetta, per il quale avevo ricevuto il regolare permesso da Berna. Malgrado ciò, sono stato schedato con relativo controllo della cena avuta in un ristorante di Bellinzona. Tutto quel lavoro di schedatura costò parecchio alla Confederazione e ai Cantoni, che impiegarono parecchie persone. Di fatto per nessun risultato effettivo per la sicurezza del Paese.
La commissione d’inchiesta relativa a eventi rilevanti presso il Dipartimento militare federale fu voluta per accertare l’esistenza di schedature anche presso i servizi di quel dipartimento. Si riuscì a verificare che un certo numero di schede, non così importante come al Dipartimento federale di giustizia, era stato implementato anche in quel caso. Ma il risultato più importante fu quello di rivelare l’esistenza di un “esercito segreto”: la P26.
Una delle conseguenze più importanti delle due inchieste parlamentari fu la costituzione della Delegazione delle commissioni di gestione, incaricata del controllo delle attività dei servizi di sicurezza della Confederazione e che portò a una migliore definizione dei loro compiti. Delegazione di cui ho fatto parte per diversi anni e tutt’ora in attività. Qualche perplessità, per quanto mi riguarda, è sempre rimasta in quanto alle possibilità di un reale controllo dei servizi di sicurezza federali da parte di parlamentari di milizia quali sono i deputati federali.
* ex consigliere nazionale del Partito socialista (1975-1999), vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta che indagò sullo scandalo delle schedature al Dipartimento militare