‘Erano ordini di Trump’
L’uomo del presidente fa cadere la linea difensiva nell’inchiesta per impeachment Testimonianza ‘bomba’ alla Camera. L’ambasciatore Sondland travolge Pompeo e Pence: ‘Tutti sapevano’. La Casa Bianca: ‘Trump scagionato’.
Washington – «Agimmo su ordine di Trump, che ci disse di lavorare col suo avvocato Rudy Giuliani». Insomma: ci fu quel «quid pro quo» tra l’apertura di un’inchiesta sui Biden dal lato ucraino e gli aiuti militari – incluso l’invito alla Casa Bianca per il presidente ucraino Volodymyr Zelensy – da quello americano. «Tutti sapevano», compresi il segretario di stato Mike Pompeo e il vicepresidente Mike Pence. Sono i tre punti chiave della esplosiva testimonianza dell’ambasciatore Usa all’Ue Gordon Sondland nell’indagine di impeachment alla Camera. Una deposizione che fa tremare non solo il presidente, ma i vertici dell’intera amministrazione, con Pompeo che già pensa alle dimissioni. Anche se il segretario di Stato rivendica l’operato: «Ho lavorato alla politica americana sull’Ucraina e sono orgoglioso di questo». Dal canto suo la Casa Bianca si e affretta, ieri in serata, ad affermare che Sondland avrebbe “scagionato Trump”, siccome ha testimoniato che il presidente non gli ha mai detto direttamente che le due questioni erano da considerarsi legate.
“È il colpo di grazia”, commentano invece alcuni dei candidati presidenziali democratici, impegnati nella notte appena trascorsa nel quinto dibattito tv ad Atlanta. Sondland, a differenza di quanti lo hanno preceduto finora, è un ambasciatore nominato dal tycoon e suo donatore, uno che comunicava direttamente con lui. E che inizialmente sembrava poter essere un teste a suo favore, in quanto aveva escluso ogni “quid pro quo”. Poi, messo alle strette da altre deposizioni e dal rischio di essere accusato di spergiuro, ha rettificato il tiro. Sondland ha dichiarato che alle pressioni su Kiev lavorò con Giuliani, l’avvocato personale di Trump, su «espresso ordine del presidente». Il diplomatico ha precisato che il tycoon non gli disse «mai direttamente» che la visita alla Casa Bianca e gli aiuti militari a Kiev erano subordinati all’apertura di un’inchiesta ma, ha ammesso, «era chiaro a tutti che c’era un legame». Inoltre le indicazioni di Giuliani «riflettevano i desideri e le richieste» del tycoon.
Minata la linea difensiva di Trump
«Ci fu quid pro quo? La risposta è sì», ha quindi ammesso Sondland, infliggendo un duro colpo ad uno dei capisaldi della difesa di Trump e facendo sbiancare i deputati repubblicani, spiazzati su tutti i fronti. Il diplomatico ha poi respinto l’accusa di aver fatto parte di un’operazione segreta per aggirare i canali diplomatici ufficiali: «Tutti erano tenuti informati, non era un segreto», ha affermato, chiamando in causa Pompeo e due suoi collaboratori, il capo ad interim dello staff della Casa Bianca Mick Mulvaney, il consigliere di quest’ultimo Rob Blair, il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, la sua vice Fiona Hill e il suo successore Timothy Morrison. Sondland ha inoltre rivelato di aver confidato a Pence il primo settembre, prima che incontrasse Zelensky a Varsavia, che gli aiuti militari americani sembravano essere bloccati per la richiesta di indagini. «Il vicepresidente annuì», ha aggiunto, smentendo così anche il numero due dell’amministrazione, che finora ha sostenuto di essere stato all’oscuro di tutto.
Mike Pompeo medita di dimettersi
Il più colpito dalla testimonianza, oltre a Trump, è però Pompeo, che in uno scambio di email sembra approvare le pressioni su Kiev. Secondo Time già pianificava di dimettersi all’inizio della primavera e di correre per un seggio in Senato, dopo i recenti sviluppi dell’indagine di impeachment e il peggioramento dei rapporti con il presidente. Quest’ultimo lo ha accusato di non aver fatto abbastanza per bloccare le deposizioni dei diplomatici, mentre al dipartimento sale la delusione per il fatto che non abbia difeso né l’ex ambasciatrice Usa a Kiev Marie Yovanovitch né il suo successore ad interim William Taylor, consentendo la politicizzazione degli affari esteri. Ora Pompeo potrebbe rivedere i tempi per una exit strategy sicura.