Amianto, altre rivendicazioni
Officine Ffs: gruppo di lavoro sollecitato dagli operai. L’appello di un avvocato: ‘Segnalare le irregolarità’ Fra le richieste anche un’analisi dell’areale e delle vicinanze, considerate le lavorazioni esterne effettuate in passato
Alle Officine di Bellinzona l’attenzione sul tema amianto rimane alta. Il fatto che direzione Ffs e assicurazione contro gli infortuni Suva abbiano accettato settimana scorsa la richiesta formulata da dipendenti, sindacati e associazione Giù le mani di costituire un gruppo di lavoro «ci sprona a non lasciare nulla d’intentato e niente di non approfondito», ha detto martedì sera Gianni Frizzo (Giù le mani) intervenendo alla seconda serata pubblica d’informazione nell’ambito delle verifiche avviate dopo i recenti problemi comunicativi di Suva nei confronti di alcuni dipendenti ed ex entrati in contatto con l’amianto che nel corso dei decenni ha causato alcuni decessi (il numero è imprecisato ma sarebbe una decina). La prima serata si era svolta il 15 ottobre attirando un folto pubblico, assente martedì alla Casa del Popolo.
«Quella del gruppo di lavoro – ha aggiunto Ivan Cozzaglio, presidente della Commissione del personale – è solo una delle varie rivendicazioni che abbiamo messo sul tavolo. Chiediamo: 1) di chiarire in modo inequivocabile quali lavorazioni sono state svolte negli ultimi anni, e vengono tutt’oggi effettuate, su carrozze, carri e locomotive in presenza di amianto o di altre sostanze pericolose per la salute dei collaboratori; 2) di verificare le conseguenze sull’ambiente circostante di alcune operazioni a suo tempo effettuate, come ad esempio pulire, soffiando all’aperto con l’aria compressa, i rotori con componenti d’amianto; 3) di censire con gli elementi d’amianto presenti sui convogli; 4) di promuovere corsi di formazione e aggiornamento sulle misure necessarie alla protezione della salute dei collaboratori». Su quest’ultimo punto un operaio ha detto che vi sono in effetti delle lacune: «Un tempo c’era più sensibilità ai piani alti, oggi la formazione lascia un po’ a desiderare».
Il legale: ‘Non si può morire di lavoro’
Un tema caro all’avvocato Giovanni Cianni, attivo nella difesa dei diritti dei lavoratori e nella protezione della salute avendo avviato alcune cause in Ticino: «Non si può morire di lavoro. Politica e giustizia devono fare di più per migliorare sia prevenzione e capacità d’indagine e di condanna dei colpevoli. Il tutto in un contesto in cui il vero problema è il profitto delle aziende, che non si vuole intaccare con misure che ritengo invece necessarie. Ad esempio, tra la via più estrema dell’omicidio volontario e quella più blanda della negligenza, il diritto penale deve poter considerare meglio una via intermedia, quella del cosiddetto dolo eventuale, laddove cioè un datore di lavoro non fa nulla per porre al riparo i propri collaboratori pur essendo cosciente della pericolosità di determinate situazioni o sostanze. In questo caso la condanna sarebbe superiore a quella applicata per la negligenza. A ogni modo il mio consiglio è quello di non esitare a denunciare le anomalie». Con quale esito prevedibile? Purtroppo, ha riconosciuto l’avvocato Cianni, su questo non c’è certezza: «Un esempio lampante è quello di una mia querela per lesioni gravi presentata contro una ditta del Mendrisiotto. Ho inviato alla Procura 34 solleciti ma niente si è mosso. Nessun segnale di voler andare a fondo della questione». In questo contesto «ad assumere una valenza fondamentale è la prevenzione, che se applicata correttamente riduce i costi della salute. Certo, il datore deve crederci e investire finanziariamente».
Un ruolo fondamentale lo giocano le ispezioni: sia Cianni sia il sindacalista Vincenzo Cicero storcono il naso di fronte alla prassi – a quanto pare diffusa in Ticino – di preavvisare i datori dando loro il tempo per sistemare eventuali anomalie prima delle ‘visite’. Proprio su questo punto un altro sindacalista, Matteo Pronzini, rammenta «la forte componente patronale presente ai vertici della Suva stessa».