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Serve ben più dei numeri per diventare bancomat

- Di Christian Solari

Ventidue nomi in una formazione fitta fitta, con quattro linee complete davanti e dietro, in cui non c’è più spazio neppure a pagare. E fuori squadra ci sono sette giocatori in più, di cui quattro rotti (pur se quella dello svedese Nygren è l’unica assenza di peso) e altri tre in viaggio per Winterthur, dove di lì a poco sarebbero scesi in pista i Ticino Rockets. Si presenta così, martedì sera, il ‘lineup’ del Davos in occasione della sfida col Lugano. Tanta gente, sempliceme­nte troppa tenendo conto che a quei ventinove nomi bisognereb­be aggiungern­e altri quattro: quelli di Dario Meyer, Gian-Marco Wetter, Tino Kessler e Chris Egli, che nel frattempo, e in momenti diversi, erano stati dirottati a Zugo, Rapperswil, Bienne e Ambrì. Ma contrariam­ente a ciò che si potrebbe pensare, quei quattro prestiti a termine non sono né una bocciatura, né tantomeno una punizione: al contrario, sono un investimen­to. Perché un conto è dire di fare formazione, un altro farla sul serio. Una premessa, tuttavia, va fatta. E cioè che coltivare qualità e speranze di crescita dei giovani alla Vaillant Arena è (molto?) più facile che altrove. Non solo perché Davos è Davos, dove si vive di hockey o se va bene di sci, ma soprattutt­o perché c’è un liceo ‘hockeistic­o’ che riesce a catalizzar­e i sogni dei ragazzi in arrivo da ogni dove. Pane, istruzione e pomeriggi a rincorrere un disco: il pacchetto è completo. E funziona. Basti pensa che un gran numero dei giocatori che compongono le squadre di Novizi e Juniores élite frequenta quella scuola. E il risultato è che il Davos non sforna soltanto talenti, ma si trasforma pure in una specie di bancomat che eroga risorse a chi più ne ha bisogno. E se succede, è perché formatori bisogna esserlo fino in fondo, anteponend­o i bisogni dei ragazzi per il bene della loro crescita a quelli della squadra o della società. Ed è proprio per quella ragione che agli Egli (in evidenza subito con la maglia dell’Ambrì) e ai Kessler (decisivo in Champions l’altroieri nel Bienne) è stata concessa l’opportunit­à di dare un’occhiata a ciò che succede al di fuori dei Grigioni. «Costringer­e in tribuna uno come Dario Meyer destinando­gli il ruolo di quindicesi­mo attaccante non avrebbe avuto senso», motiva il ‘diesse’ Raeto

Raffainer. E a chi gli chiede perché trasferire Meyer a Zugo, quando già esiste il progetto Ticino Rockets, Raffainer risponde così. «Sarebbe un bene per i Rockets, non altrettant­o per lo sviluppo del ragazzo. Meglio fargli fare dell’altra esperienza in A in una squadra come lo Zugo, per tornare a contare su di lui nell’anno nuovo, quando il calendario sarà molto fitto.». E Meyer molto contento. Oltre che fisicament­e pronto. E magari anche più preparato.

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