laRegione

Una doppia responsabi­lità

- Di Stefano Guerra

Se guardiamo a numeri e percentual­i, non v’è dubbio: i Verdi – da soli o assieme ai Verdi liberali, e pur al netto in quest’ultimo caso delle divergenze talvolta profonde tra i due partiti su tutto quel che non è politica climatica – hanno ragione nel rivendicar­e un consiglier­e federale a “zero emissioni nette”. Il problema non è tanto se la richiesta è legittima o no; e da ieri non è nemmeno più chi dovrebbe essere il primo consiglier­e federale ecologista: in giro non si vedono candidate più idonee della presidente dei Verdi Regula Rytz, che ieri ha rotto gli indugi e il prossimo 11 dicembre (da sola o in tandem, lo deciderà oggi il gruppo parlamenta­re) tenterà di strappare al Plr il seggio di Ignazio Cassis (cfr. p. 2).

Il punto, invece, è il quando. Il partito che ha compiuto un balzo avanti senza precedenti nella storia di questo Paese, già adesso deve «assumere la responsabi­lità» di governare? Deve adempiere subito il «mandato» popolare (la stessa parola che usò Christoph Blocher nel 2003...)? Oppure è meglio attendere: che un consiglier­e federale si ritiri, che ‘maturi’ in Parlamento (provando di essere capace di promuovere soluzioni consensual­i), o che alle prossime elezioni confermi di non essere più il partito dello yo-yo? L’onda verde è stata impetuosa; le aspettativ­e nei confronti dei vertici del partito subito elevate. E così la circospezi­one, se non la riluttanza iniziale, ha via via lasciato spazio a dichiarazi­oni sempre più velleitari­e. Non importa se nel frattempo i ballottagg­i per il Consiglio degli Stati hanno smorzato un po’ gli entusiasmi: la dinamica era innescata, a un certo punto indietro non si poteva più tornare. Forse non si può chiedere a un partito di essere responsabi­le anche nei confronti delle istituzion­i, oltre che delle sue elettrici e dei suoi elettori. Sarebbe ingiusto, pertanto, criticare i Verdi perché adesso vogliono cambiare una formula magica di governo che di magico non ha più nulla da tempo. La discussion­e su una più adeguata composizio­ne del Consiglio federale è più che mai opportuna, e va avviata al più presto tra i partiti. Non va però forzata, surfando – a poche settimane dal prossimo rinnovo del Governo – sull’onda emotiva di un pur eccezional­e risultato elettorale e limitandos­i a fare due calcoli. Qui si va a toccare un tabù: quello della ‘destituzio­ne’ di un consiglier­e federale in carica. E per queste cose (basti ricordare cos’hanno provocato le estromissi­oni di Ruth Metzler nel 2003 e di Blocher nel 2007) è meglio darsi tutto il tempo che ci vuole.

Non è solo una questione istituzion­ale. In gioco vi è anche il futuro dello stesso partito ecologista. Come il Ps nella prima metà del secolo scorso, i Verdi – da forza contestata­ria quale sono sempre stati – ora vogliono entrare in Governo, giocare il gioco della concordanz­a al più alto livello dello Stato. Se vi riuscirann­o, saranno costretti a scendere a compromess­i: sull’età di pensioname­nto, sulla politica europea, sugli aerei da combattime­nto, e via dicendo. Una sfida, per un partito che ha nel Dna lo spirito d’opposizion­e, e che in questa legislatur­a ha più volte giocato (con scarso successo) le carte dell’iniziativa popolare e del referendum. I Verdi, per giunta, si consegnere­bbero al Ppd. Solo col suo sostegno, infatti, possono far eleggere uno dei loro in Consiglio federale. Un’ipoteca di non poco conto. Difficile che il partito di Gerhard Pfister si presti al gioco. Se lo farà, guadagnerà potere anche in Governo. Si assumerà però al contempo una grossa responsabi­lità: quella di aver cambiato in quattro e quattr’otto le regole del gioco, facendo esplodere la formula magica. Fu il suo segretario generale Martin Rosenberg a concepirla negli anni 50. Ma gli ci vollero anni prima di vederla messa in pratica.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland