Google corre ai ripari e mette gli spot elettorali sotto controllo
New York – Saranno anche i padroni del mondo (digitale), ma quando è ora di correre ai ripari corrono. A muoversi questa volta è Google, che ha annunciato un regolamento più stringente sugli spot elettorali. Un tentativo di contenere il dilagare delle fake news in vista degli appuntamenti elettorali nel Regno Unito, prima, e negli Stati Uniti poi, ma soprattutto di salvare la faccia. L’azienda di Mountain View ha dunque vietato a politici e candidati di condurre campagne mirate a intere categorie di utenti ed elettori sulla base della loro affiliazione politica. Ma anche di indirizzare gli spot sulla base degli interessi degli utenti, desunti dal loro navigare online. Resta invece ancora possibile mirare le pubblicità sulla base del genere e dell’età. La mossa di Google cerca di levare qualche argomento alle critiche contro Silicon Valley, accusata, tra l’altro, di non aver fermato le interferenze russe sulle elezioni americane del 2016. Critiche che hanno riguardato soprattutto Twitter e Facebook. La prima è già corsa ai ripari, vietando del tutto gli spot elettorali sulla propria piattaforma. Mossa che ha spiazzato e aumentato la pressione sul social di Mark Zuckerberg. Facebook ha finora rifiutato ogni modifica, ma potrebbe ripensarci. L’azienda starebbe infatti valutando l’adozione di alcuni cambiamenti nella politica di concessione degli spazi, in contatto con gli inserzionisti democratici e repubblicani. La campagna di Donald Trump è peraltro una delle più attive su Facebook: da quando lo scandalo delle pressioni sull’Ucraina a fini elettorali è venuto alla luce, il 18 settembre, lo staff del presidente statunitense ha lanciato sulla piattaforma circa 5’500 spot, il 40% dei quali con almeno un riferimento all’impeachment.
Zuckerberg ha avuto di recente modo di incontrare privatamente Trump: lo scorso ottobre è andato a cena alla Casa Bianca su invito dello stesso presidente. L’uno e l’altro in cerca di rassicurazioni. Soprattutto Zuckerberg, da quando ha saputo che nel programma della candidata democratica Elizabeth Warren figura proprio lo smembramento di Facebook.