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‘Ahmad, il Ticino ti pensa’

Due ragazzi e la loro ex docente hanno visitato il bimbo che era entrato nel cuore dei giubiasche­si

- Di Samantha Ghisla

Assieme al padre e al fratello il piccolo siriano era stato espulso dalla Svizzera nel 2017 e ora si trova in Germania, dove le condizioni di vita sono tuttavia poco ideali

La sua famiglia è completame­nte riunita. Una bella notizia, dopo anni di attesa per riabbracci­are la mamma che era rimasta bloccata in Iraq con due figli, mentre il padre ne aveva portati altri due con sé per cercare in Europa un destino migliore e delle cure adeguate per il piccolo Ahmad, affetto da spina bifida. Un’odissea che li aveva portati a risiedere per due anni a Giubiasco, fino alla decisione di espulsione (osteggiata da una petizione di 4’000 firme rimasta inascoltat­a) che li ha mandati in Germania, in un centro per richiedent­i l’asilo di Oberteurin­gen, poco lontano dal Lago di Costanza. La storia di Ahmad e della sua famiglia aveva colpito nel cuore la comunità locale e in particolar­e un gruppo di mamme e di docenti di Giubiasco e Camorino – le “Mamme per Ahmad” – che si erano impegnate ad attorniare di affetto il bambino classe 2011 che continuava a chiedere: «Ma quando arriva la mamma?». Una frase diventata il titolo del film di Stefano Ferrari, regista della Rsi, proiettato un anno fa a Castellina­ria che ha recentemen­te vinto il premio Europa Iris come miglior documentar­io dell’anno sulla diversità culturale.

Dopo due anni la promessa di un appartamen­to non è ancora stata concretizz­ata

Ed è stata proprio la visione del documentar­io che racconta la vicenda di Ahmad ad aver colpito Sultan Filimci, docente di scuola media a Stabio, e i suoi due ex allievi bellinzone­si Shana Turba e Yvan Jarrossay. Rimasti in contatto dopo il progetto che assieme ad alcuni altri compagni li aveva portati a visitare un centro per richiedent­i l’asilo in Sicilia nel 2017, lo scorso mese sono partiti dal Ticino alla volta di Oberteurin­gen, per trascorrer­e una giornata assieme ad Ahmad e alla sua famiglia. «Si trovano in un luogo un po’ sperduto e abitano da molto tempo in un prefabbric­ato fatto con materiali poco adatti a una vita sana. Freddo d’inverno e caldo d’estate», racconta Sultan alla ‘Regione’. Nel centro abitano una trentina di africani con cui la famiglia condivide cucina e servizi igienici. «Vi sono però dei problemi legati ai turni di pulizia e non sempre è facile andare d’accordo», viene raccontato ai visitatori del Ticino. Dalla conversazi­one effettuata in parte in italiano – che Ahmad e suo fratello Falamaz parlano ancora bene – e in parte in curdo, emergono le differenze di accoglienz­a. In Ticino la famiglia aveva subito ricevuto un appartamen­to adatto alle condizioni di salute di Ahmad, che si sposta sulla sedia a rotelle. Una promessa in tal senso era giunta anche in Germania, ma per ora è sempre stata rimandata. «Ora che c’è la mamma sono “giga” contento, ma non voglio stare in questo posto», spiega il piccolo Ahmad.

Se i figli si trovano bene a scuola, non è altrettant­o facile integrarsi nel contesto sociale. «Qui siamo isolati e non abbiamo fatto amicizia con molte persone; è impossibil­e paragonare le amicizie che avevamo a Giubiasco», viene raccontato nel corso della giornata conviviale durante la quale Sultan, Shana e Yvan vengono invitati a pranzo: la tavola è imbandita con specialità dai sapori turchi, come gli involtini Sarma e la bevanda a base di yogurt Ayran. Le sedie non bastano per tutti, ma ciononosta­nte vengono offerte agli ospiti. «A Giubiasco avevamo praticamen­te dei fratelli e delle sorelle che ci volevano molto bene», spiega il padre Kameran Osman. Ma i contatti sono stati mantenuti e anche Stefano Ferrari verrà presto a trovarci.

Attorno al tavolo spunta anche la preoccupaz­ione per la situazione in Siria, dove risiedono ancora i nonni materni e paterni di Ahmad. «A volte ci sono problemi di linea telefonica e non riusciamo a sentirli. Abbiamo paura per la nostra famiglia e anche per tutto il popolo curdo». Capire come la famiglia viva le notizie di cronaca riguardant­i il loro luogo d’origine era uno degli obiettivi del viaggio in Germania, ci spiega Shana. «L’obiettivo principale era capire la situazione della famiglia, come stanno, come si trovano nel centro ecc. nonché se si siano ben integrati», aggiunge. E da quest’esperienza, cos’ha portato a casa? «Un bagaglio ricco di emozioni e una voglia ancora più grande di cambiare questo mondo e questo sistema politico. Ho anche notato (non che non l’avessi mai fatto) come spesso le persone che hanno di meno sono quelle che danno di più». Ed è stato uno scambio reciproco, come si evince dalle parole di Sultan, a cui piace ricordare la giornata come un viaggio «in cui abbiamo portato ad Ahmad una ventata d’affetto». La trasferta dei tre ticinesi è stata sostenuta dall’Associazio­ne Progetto Aula 13 (Apa 13), che propone momenti di riflession­e condivisa fra operatori psicopedag­ogici, mediatori, famiglie straniere e volontari delle Ong.

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‘Ora che c’è la mamma sono ‘giga’ contento’
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 ??  ?? Scatti di una giornata spensierat­a a Oberteurin­gen (D)
Scatti di una giornata spensierat­a a Oberteurin­gen (D)

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