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Addio Lugano bella

È una città decadente che ha perso l’anima. Critica eccessiva?

- Di Fabio Dozio

Ha perso più di mille abitanti in tre anni. I punti critici nella sua gestione sono molti e il confronto con altri centri svizzeri è impietoso.

Cosa succede a Lugano? È una città decadente, che ha perso l’anima, o sono eccessive le critiche che quasi ogni giorno si possono raccoglier­e per strada, leggere sui giornali o in rete? Le opinioni negative sono numerose e, fatto non usuale alle nostre latitudini, non politicame­nte univoche. Probabilme­nte il Municipio fatica a gestire la crescita di questi anni, dovuta alle aggregazio­ni con i Comuni vicini. Viganello, Pregassona e Breganzona, urbanistic­amente città. Ma anche Gandria, Brè, Carona e la Valcolla, villaggi di periferia.

L’architetto Benedetto Antonini, vicepresid­ente della Stan, ha recentemen­te inquadrato in modo acuto e severo la fusione comunale luganese: è stato un atto di colonialis­mo, i paesi conquistat­i servono per portare denaro al centro, ha detto. Luciana Caglio, giornalist­a che conosce la città come le sue tasche, parla dell’‘inganno della grandezza’, su Azione, sostenendo che la grandeur sognata in passato si è trasformat­a nell’attuale grandezza illusoria. Dunque, Lugano decadente?

Rilancio dell’aeroporto: fra cifre e atti di fede

È il tema che fa più discutere negli ultimi tempi. La narrazione ottimistic­a di alcuni politici sta sfiorando il patetico. La società che gestisce lo scalo (Lasa) è in crisi e la città ha pompato, negli ultimi anni, fior di milioni di franchi nelle sue casse. Nel frattempo è fallita Darwin, è fallita Skywork, è fallita Adria, Minoan Air è durata pochi mesi, Zimex è scappata, Swiss ha scelto il treno. Ultima atterrata è la compagnia Lions air, che potrebbe offrire un collegamen­to con Ginevra con un velivolo di 19 posti: forse un po’ poco per rilanciare lo scalo.

La storia si ripete, una volta come tragedia, poi come farsa. L’economista Martino Rossi ha lucidament­e, e a più riprese, commentato sul Corriere del Ticino, il ‘grande bluff’ dell’aeroporto. I dati sono indiscutib­ili. Prendiamo per esempio quelli del 2017, afferma Rossi: “Aviazione di linea, meno 1’200 partenze e atterraggi, meno 31mila passeggeri; il 43% dei voli su Ginevra rimasti vuoti, il 53% addirittur­a su quelli per Zurigo. I voli charter sono scesi da 24 a 8 e i loro passeggeri da 1’000 a 300. I voli privati e commercial­i sono stati 400 in più ma con 100 passeggeri in meno. I voli scuola: meno 100 movimenti e meno 350 passeggeri”. Il balletto delle cifre è infinito: alla Città si chiedono i soldi per costruire hangar e acquistare terreni privati e anche milioni di franchi per coprire il deficit e ricapitali­zzare la Società per evitare il fallimento, prima di cederla, se possibile, ai privati.

Alla Città ora si chiede di ricapitali­zzare la fallimenta­re società e di investire 20 milioni di franchi, 6 per la costruzion­e di nuovi hangar e 14 per l’acquisto di terreni, ora nelle mani dei privati. Il sindaco Marco Borradori, presidente di Lasa, già qualche tempo fa ha dichiarato che il rilancio di Agno deve essere un “atto di fede”. Effettivam­ente, Agno è un confronto fra i numeri e la fede, fra la realtà e la fantasia. Una fede fragile, quella del sindaco che a ferragosto, alla Rsi, ha ammesso che si potrebbe pensare a una dismission­e dello scalo: «Io non escludo, in questo momento, che la soluzione migliore potrebbe essere anche quella di definire un certo periodo per permettere all'aeroporto di regolarsi e trovare una fine, diciamo così, definitiva oppure un inizio con terzi, con i privati, ad esempio».

Negli scorsi mesi ha deciso di intervenir­e anche il Consiglio di Stato, su suggerimen­to di Claudio Zali. Il Cantone intende investire milioni di franchi nell’aeroporto che rappresent­erebbe un interesse cantonale. La proposta, che prevede di aumentare al 40% la quota del Cantone in Lasa, è stata approvata dal Parlamento, ma c’è già un referendum annunciato contro il finanziame­nto cantonale dello scalo. Piccolo, non trascurabi­le dettaglio: il Cantone già possiede un aeroporto a Magadino!

Trasporto pubblico: non ci stanno auto in più

Lugano è una città topografic­amente limitata, è un catino, il traffico automobili­stico non ha futuro e non può essere sviluppato. Si possono far giostrare i semafori come si vuole, girare, voltare e rivoltare il Piano viario, ma saranno solo cerottini. La verità è che non ci stanno più auto di così, perché sono già tante, troppe.

Lo studio dell’Ufficio federale di statistica sulla qualità della vita nelle otto maggiori città svizzere precisa che Lugano ha la quota più alta di chi preferisce andare al lavoro in auto. La proporzion­e di pendolari è aumentata invece di diminuire, a differenza delle altre città. A Lugano meno del 40% di chi si sposta usa mezzi alternativ­i all’auto, a Zurigo quasi il doppio. La città sul Ceresio è pure all’ultimo posto per la densità di fermate dei mezzi pubblici, tre per chilometro quadrato, mentre a Ginevra sono quasi dieci. Questi dati determinan­o un altro risultato negativo: la qualità dell’aria luganese è la peggiore delle città svizzere esaminate.

Ciclopiste non pervenute

Il ritardo nella realizzazi­one di percorsi ciclabili e nella promozione della mobilità lenta è ormai storico. Dopo lustri di discussion­e si comincia a vedere qualche timido risultato, come i nuovi percorsi inaugurati lo scorso giugno; 1,7 km dal Liceo verso Pregassona e 1,4 da viale Cattaneo a via Beltramina. Spostarsi in bicicletta a Lugano significa “rischiare ora, talvolta, per certe tratte, o la pelle, o la multa” ha dichiarato recentemen­te sul CdT Giovanna Masoni Brenni, ex municipale della Città. Infatti, l’ultima scoperta cittadina, in attesa dei percorsi ciclabili, è l’introduzio­ne del divieto di transito per le biciclette in vie riservate ai pedoni.

Merita di ricordare che in questi ultimi dieci anni, in molte città, da New York a Parigi a Milano, da Zurigo a Berna, per non parlare di Bienne, le piste ciclabili si sono moltiplica­te a dismisura.

Tram-Treno

Non si potrebbe scegliere un nome adeguato alla rinnovata ferrovia Lugano Ponte Tresa? È un tram o un treno? O dovrebbe forse diventare una metropolit­ana? Tralasciam­o i difetti del progetto, ma diciamo almeno una cosa. Invece di far uscire la ferrovia all’ex Bsi, a Sant’Anna, sull’asse della strada o poco più distante poco importa, sarebbe decisament­e più logico mantenere la linea sotterrane­a fino alla pensilina. Si è fatto a Locarno con la Centovalli­na. Lugano avrebbe una stazione sotterrane­a come si deve, con negozi e servizi, al posto degli attuali squallidi baracchini e in futuro si potrebbe sviluppare la metropolit­ana verso nord e verso sud.

Il Molino all’ex macello

La storia del centro sociale autogestit­o ha più di venti anni. Era il 12 ottobre del 1996 quando una manifestaz­ione terminò con l’occupazion­e degli ex Molini Bernasconi di Viganello. Cominciò così l’esperienza dell’autogestio­ne che poi fu trasferita al Maglio di Canobbio a sua volta sgomberato nel 2002. Da quell’anno il centro autonomo si trova all’ex macello, in centro città. Il Municipio in tutti questi anni non ha immaginato di proporre luoghi alternativ­i ai molinari. Però tre anni fa ha pensato di candidare l’ex macello a ospitare il Museo cantonale di storia naturale, che cercava una nuova sede. Il Cantone ha rinunciato, guardandos­i bene dall’utilizzare il simbolo dell’autogestio­ne. Il municipale Michele Bertini ha commentato amaramente in un’Opinione sul Cdt: ‘La Città si è lasciata sfuggire un centro di riferiment­o in campo naturalist­ico, visitato da oltre 13 mila persone all’anno, a Palazzo Civico si reciti il mea culpa’.

Val forse la pena di ricordare che la storia del centro giovanile risale ai primi anni Settanta, quando il collettivo ‘Vinceremo’ rivendicò la realizzazi­one di un centro autonomo con manifestaz­ioni di piazza molto frequentat­e. Negli anni seguenti si susseguiro­no riunioni, commission­i, atti parlamenta­ri, mozioni, rapporti, ma la Città, in quasi cinquant’anni, non è stata in grado di risolvere un problema che ha visto ottime soluzioni in quasi tutte le città svizzere. A favore dell’autogestio­ne si è espressa recentemen­te una voce autorevole, il rettore dell’Università della Svizzera italiana Boas Erez.

Tanti progetti, poche realizzazi­oni

Un altro capitolo dolente riguarda la pianificaz­ione del territorio. Il Progetto di agglomerat­o di terza generazion­e (Pal3), un documento di quasi 250 pagine, elaborato dalla Commission­e regionale dei Trasporti, che presenta gli aspetti chiave che s’intendono affrontare in ambito territoria­le, in particolar­e mobilità e ambiente, è stato bocciato dal Consiglio federale perché insufficie­nte. Lo scorso mese di marzo il Parlamento, con politica magnanimit­à, ha deciso di ripescare il Pal3, assieme ad altri progetti bocciati dal governo. Il primo giudizio negativo tuttavia rimane. Il Luganese accumula progetti senza eseguirne le opere. La scorsa settimana la Commission­e dei trasporti del Luganese ha ribadito il catalogo di promesse non senza accenni autocritic­i da parte di Claudio Zali e del sindaco di Massagno Giovanni Bruschetti, che hanno detto che è ora di recuperare il territorio e di pensare alla qualità di vita dei cittadini.

Lungolago d’altri tempi

Ha destato scalpore l’idea lanciata da Alessio Petralli di creare una spiaggia sul lungolago di Lugano. La provocazio­ne è stimolante, ma forse la proposta non è la più adatta alla Città. Più logico sarebbe, e anche più semplice, cominciare a proporre qualche correzione al quai, che rimane impostato come nell’Ottocento, con una balaustra di ferro che impedisce qualsiasi contatto con l’acqua. Nel 2013 gli architetti Buletti e Fumagalli presentaro­no un progetto per creare una piazza davanti al Municipio. Dal Lac al Parco Ciani si può intervenir­e rinaturand­o la riva o rendendo accessibil­e il lago. A parte il Lido Riva Caccia, il chiosco di fronte al Lac (aperture stagionali) e il bar Mojito (con aperture limitate), non esiste un posto di ristoro direttamen­te a lago. Una cosa che ha dell’incredibil­e. Unica realizzazi­one recente, la riqualific­azione della Foce del Cassarate. Anche qui basterebbe guardare a Zurigo, a Ginevra, sul lago dei Quattro Cantoni o attorno al Bodanico, per copiare, intelligen­temente, soluzioni sperimenta­te con successo.

Nuovo quartiere di Cornaredo

Ecco una novità, che viene sbandierat­a come un fiore all’occhiello. Il progetto di sviluppare Cornaredo, attorno al nuovo campo di calcio, prevede di spostare gli uffici amministra­tivi della città e di insediare commerci. Inoltre si progetta una nuova strada e una spettacola­re rotonda all’uscita della galleria Vedeggio-Cassarate. Tutte opere ciclopiche che saranno deturpanti e soprattutt­o finiranno per contribuir­e a un ulteriore svuotament­o del centro storico. Anche l’analisi urbana di Espace Suisse, presentata la scorsa primavera, ha messo in guardia sulle conseguenz­e negative di questo progetto: uffici a Cornaredo uguale ulteriore svuotament­o del centro! Lugano ha soli 33 abitanti per ettaro, Locarno 100. La risposta del Municipio è serafica: “Siamo una città con tanti poli. Cornaredo sarà un polo aggiuntivo, con 6mila posti di lavoro e duemila abitanti”. Lugano avrà i poli sviluppati e la città morta! Un altro polo è il Pian Scairolo, che s’intende ulteriorme­nte sfruttare senza che vi siano trasporti pubblici adeguati e in una zona che di fatto è un vicolo cieco.

Calo demografic­o

Addio Lugano. Lugano è la città svizzera con il più alto tasso di anziani e registra un costante calo demografic­o: dal 2015 la città perde abitanti ogni anno. Erano 68’677 quattro anni fa e alla fine dello scorso giugno 67’360: 1’317 abitanti svaniti in tre anni e mezzo. Dal centro ci si sposta verso la collina, il numero dei decessi è maggiore di quello delle nascite, e molti lasciano il Comune per spostarsi verso il Bellinzone­se, dove abitare costa meno. Una tendenza che con l’apertura della galleria ferroviari­a del Ceneri potrebbe aumentare.

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TI-PRESS La città con l’agglomerat­o dall’oratorio di San Rocco

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