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Incendio Farera, condanna ed espulsione

- Di Dino Stevanovic

Un incendio «brutto», appiccato per motivi «inaccettab­ili». Ma semplice, senza l’aggravante dell’intenziona­lità: «L’imputato sapeva che sarebbero intervenut­e le guardie carcerarie, in quanto si era attivato l’allarme anti-incendio», ha detto il presidente della Corte della Assise criminali Marco Villa.

Si è concluso infatti ieri il processo a carico del 23enne algerino che nel dicembre dell’anno scorso scatenò un incendio nella propria cella alla Farera – dove si trovava da poco più di un mese per una serie di furti –, con l’obiettivo di evadere una volta ricoverato in ospedale. Piano poi fallito, sebbene il ricovero per intossicam­ento ci sia effettivam­ente stato. Il giovane è stato condannato in totale a quattro anni e mezzo: tre anni per i furti commessi in Ticino e Grigioni nel giro di tre giorni (e per reati minori connessi a questi furti) e un anno e mezzo per reati legati all’episodio dell’incendio. Condannato anche l’altro imputato, un 26enne marocchino, correspons­abile dei furti nella Svizzera italiana. La Corte non ha tuttavia ravvisato l’aggravante della banda: «È necessario essere più di due e con un’organizzaz­ione degna di tale nome». Come sottolinea­to durante le loro arringhe dagli avvocati difensori Giuseppe Gianella (del 23enne) e Manuela Fertile (del 26enne), gli imputati hanno agito rubando in automobili e abitazioni private praticamen­te a caso, senza una pianificaz­ione.

I due sono invece stati entrambi prosciolti dai furti loro imputati in Romandia, basandosi sul principio dell’in dubio pro reo: in casi dubbi, senza prove certe, la giustizia segue le dichiarazi­oni degli imputati alfine di evitare la condanna di un innocente. Il 26enne è stato condannato a ventun mesi di detenzione e a una pena pecuniaria di 550 franchi complessiv­i. La procuratri­ce pubblica Margherita Lanzillo ha chiesto giovedì, ricordiamo, sei anni per il 23enne e trenta mesi per il complice. I due saranno entrambi espulsi, ma non per quindici anni – il massimo – come chiesto dalla pp, bensì: dodici anni il 23enne e dieci il 26enne. La particolar­ità è che la Corte ha deciso di inserirli entrambi nel Sistema d’informazio­ne di Schengen (Sis): in tal modo i due saranno espulsi non solo dalla Svizzera, ma da tutti i Paesi che hanno sottoscrit­to i trattati di Schengen. Una misura corretta secondo la Corte, «visti i loro precedenti in diversi Paesi europei».

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TI-PRESS Il giudice Marco Villa

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