La battaglia di Maryam per essere qualcuno
E a chiudere questa trentaduesima edizione di Castellinaria, sarà un film d’impegno civile: ‘The Perfect Candidate’ di Haifaa Al Mansour, regista che dopo alcune non indimenticabili produzioni statunitensi torna a lavorare in Arabia Saudita, sette anni dopo l’interessante ‘La bicicletta verde’ che nel 2012 divenne il primo film saudita diretto da una donna.
È un film apparentemente semplice, questo ‘The Perfect Candidate’, ma dietro un linguaggio cinematografico tradizionale, le inevitabili semplificazioni e i toni tutto sommato rassicuranti troviamo più livelli di lettura – non tutti che rientrano nella visione di un mondo islamico misogino e arretrato rispetto a quell’Occidente evoluto che ospita il film in Concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Non è neanche necessario ricordare che in Svizzera il voto alle donne è conquista relativamente recente (e la parità è tutt’altro che raggiunta), perché il film non si apre con la decisione della protagonista di candidarsi per il consiglio comunale della propria città, ma con Maryam (Mila Al Zahrani), giovane e capace dottoressa, che quotidianamente lotta per guadagnarsi il rispetto di pazienti e colleghi. È da lì, e dall’impossibilità di trasferirsi a Dubai per cercare un lavoro migliore, che nasce la decisione di impegnarsi politicamente, di sfidare le consuetudini. Abbiamo poi le sorelle di Maryam, – una aperta e indipendente, l’altra più vicina alle imposizioni religiose e sociali – coinvolte nella campagna elettorale e la curiosa figura del padre, un musicista impegnato con il primo tour autorizzato dalle autorità dopo decenni di divieto di concerti. È uno sguardo a 360 gradi, quello di Haifaa Al Mansour, su un mondo dove non solo le donne riescono, seppure a fatica, a conquistare un proprio spazio, ma anche le arti e la musica trovano nuova vita: il ritratto di una rivoluzione graduale, forse non silenziosa ma neppure urlata, il che forse spiega una certa timidezza nel racconto di Haifaa Al Mansour, attenta a evitare eccessi enfatici. C’è un’incredibile educazione e rispetto nella regia e nell’interpretazione di un gruppo di attrici e attori di gran volontà.