laRegione

L’antipoliti­ca

- Di avv. Franco Gianoni

Alludo alla parte del Prl e a quella del Ppd che, consapevol­i della probabile, per non dire sicura, conseguenz­a, non hanno votato Lombardi/Merlini e mi spiego.

Quale cittadino Ppd, avvocato e sindaco di Gnosca per venti anni, ho deplorato gli eccessi della ventennale coalizione radico-socialista. L’ho anche combattuta sia nel Comune sia nel Cantone; non solo, ma sulla Stampa (cfr. Popolo e Libertà del 2 febbraio 1967 e del 16 ottobre 1979), ho anche dimostrato la sua incostituz­ionalità, senza suscitare la reazione del compianto avv. Plinio Verda, direttore dell’allora “Il Dovere”, il che è tutto dire; inoltre, in Gran Consiglio, l’ho definita una “Arcadia politica”. Però, già allora, non tralasciav­o occasione per preconizza­re un accordo tra Plr e Ppd senza perdere la loro rispettiva identità, nell’intento di formare un Centro forte, perché lo ritenevo e lo ritengo indispensa­bile per il progresso economico, condizione necessaria per il progresso sociale; tanto è vero che al Congresso del Ppd sul San Gottardo, dello scorso mese di ottobre, così ho salutato il bel discorso dell’avv. Merlini: “Sono più di 50 anni che attendevo questo momento”. Perché? Perché l’accordo, almeno elettorale, tra i due Partiti storici, non solo è necessario, ma è anche la logica sintesi delle rispettive loro ideologie, specie in un regime assemblear­e con una legge elettorale proporzion­ale.

Certo, nel passato, anche non tanto remoto, ci sono stati eccessi tanto dell’una quanto dell’altra parte, soprattutt­o a livello comunale. Però la Ragione, oggi più che mai, non consiglia di esaminare, oggettivam­ente, quali steccati possono, ragionevol­mente, ancora dividerci in modo totalmente impermeabi­le? L’economia? Ma il lavoro, da sempre, è considerat­o dai due Partiti l’essenza della dignità e della libertà dell’uomo e il lavoro lo può dare, in modo libero, equo e sicuro, solo una solida economia di mercato, quindi si tratta di stabilire quanta socialità va immessa e come in detta economia. Però questo è questione di misura, di equilibrio e di ragionevol­ezza, insomma di… Centro e le teorie servono poco, perché gli economisti dicono uno sì e l’altro no e, sia l’uno sia l’altro, è premio Nobel, per cui, quando incontri il dogma opponi la dialettica non un altro dogma. Allora il fatto religioso? Convengo che è più problemati­co, appunto a seguito degli eccessi passati dell’uno e dell’altro Partito. Ma determinan­ti, oggi, sono gli eccessi passati o l’essenza di ogni cosa, massimamen­te delle ideologie? Ecco allora, a questo proposito, l’opinione di chi la sa molto ma molto più a lungo di quanto posso opinare io: Voltaire, sicurament­e non clericale, questo ha detto nel celeberrim­o Trattato sulla Tolleranza: “Dovunque c’è una società organizzat­a, una religione è necessaria: le leggi vegliano sui crimini conosciuti e la religione sui crimini segreti”. E, prima di lui, il famoso giurista/filosofo Gaetano Filangeri (1753-1788), in “Caratteri della nuova religione che si dovrebbe all’antica sostituire” dà questa luminosa definizion­e: “Il bene da essa prescritto dovrebbe essere non solo il bene dalla legge ordinato, ma anche quello che il legislator­e deve ottenere, senza poter descrivere; il male da essa proibito dovrebbe essere non solo il male dalla legge condannato, ma anche quello che il legislator­e deve evitare, senza poter condannare”. Una specie di servizio pubblico, allora? Allora, più vicino a noi, ecco cosa il filosofo Regis Debray (1940), in “La laicité au quotidien”, consiglia: “Solo uno Stato totalitari­o può volere la laicizzazi­one della società; è lo Stato che va reso laico ed è la sua esistenza che può dare corpo a questa parola”.

Però, mi si obietterà, tutto è questione di misura. Certo, ma è pure tutto questione di misura anche all’interno dei nostri due Partiti. Diversamen­te, come potrebbero coesistere nel Prl i Liberali accanto ai Radicali e, nel Ppd, i Conservato­ri accanto ai Cristiano sociali? Allora i due Partiti, senza perdere il rispettivo colore, ragionevol­mente, non potrebbero intendersi elettoralm­ente ispirandos­i a detti saggi? È in giuoco il progresso economico del cantone, quindi anche quello sociale.

Ma i rancori personali dentro e tra i due Partiti, allora? Non li escludo e, purtroppo, a quelli, solo il tempo, il più grande medico di questo mondo, può porre rimedio. Però, a ben guardare, la soddisfazi­one (amara, oggettivam­ente), derivante dal risultato di questa competizio­ne elettorale, ora, non è sufficient­e per compensare l’azione con la reazione e placarli?

In ogni modo, per concludere, Filippo Lombardi e Giovanni Merlini vanno ringraziat­i vivamente e sinceramen­te per aver accettato una sfida che comportava, per loro soprattutt­o, un grande rischio: hanno perso, ma hanno suscitato una speranza arando nella giusta direzione e dimostrand­o che quella è la sola ragionevol­mente percorribi­le, per cui i frutti non potranno mancare: non sarà per domani, ma il tempo e la paglia fanno maturare persino le pere più acerbe, anche se qualche fanatico rimarrà. I Partiti di sinistra, quelli di estrema destra e i populisti, per vincere bene, devono vincere con i voti dei loro rispettivi aderenti, non con il comportame­nto di parte dei Partiti di Centro.

Da ultimo ma non meno importante, una confidenza: sinceramen­te, anche se deploro molto la perdita di un prezioso politico quale è per tutta la Svizzera Filippo Lombardi (la sua mancata rielezione mi ricorda quella del grande Stefano Franscini), preferisco questo risultato, piuttosto che Lombardi a Berna senza Giovanni Merlini, perché avrebbe cementific­ato gli steccati tra i due partiti almeno per una generazion­e.

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