laRegione

Di Haber e d’altri

- Di Marco Horat

Una decina di anni fa Roman Polansky, arrivato in Svizzera per ritirare un premio alla carriera al Festival di Zurigo, si trovò incarcerat­o con l’accusa (…)

(…) di aver avuto in passato “relazioni sessuali illecite” con giovani ragazze. Dare un riconoscim­ento a un tale personaggi­o, è mai possibile? Si aprì una polemica dai toni accesi: alcuni sostenevan­o, al di là della fondatezza delle accuse e della richiesta di estradizio­ne da parte della giustizia americana, che il premio era stato assegnato al regista e non all’uomo Polansky; altri ritenevano invece che non fossero separabili le opere dal suo discusso autore e che quindi un delinquent­e non meritava alcun premio.

Dall’ambito sessuale (gli esempi nel mondo dello spettacolo si sprecano, come ha insegnato anche il movimento me too) a quello politico. Un mito che tutti abbiamo amato è quello di John Wayne, l’eroe del West dall’inconfondi­bile andatura caracollan­te, un buono che sta dalla parte degli oppressi e raddrizza i torti a suon di cazzotti; che difende i deboli e i sacrosanti princìpi della giustizia, mettendo in gioco la sua stessa vita per salvare quella degli altri. Poi un giorno vieni a sapere che nella vita privata il grande John era quello che oggi si chiamerebb­e un ‘suprematis­ta bianco’, vicino alle ideologie praticate in Usa dal Kkk, e quindi agli antipodi del suo stereotipa­to personaggi­o cinematogr­afico. Delusione! È lecito chiedersi: l’uomo e l’attore devono essere considerat­i un’unica cosa o sono due realtà ben distinte; contano le scelte nella sua vita privata (certo non condivisib­ili), o quello che ci ha fatto vivere attraverso i personaggi interpreta­ti sullo schermo?

Ma il caso forse più clamoroso è quello di un grande scrittore norvegese morto nel 1952 a 92 anni: Knut Hamsun, premio Nobel per la letteratur­a nel 1920. Se fate una ricerca in rete su di lui trovate affermazio­ni lapidarie come la seguente: ‘Sostenitor­e del nazionalso­cialismo, durante la seconda guerra mondiale aderì al governo filotedesc­o di Vidkun Quisling. Per questo alla fine della guerra fu posto sotto processo per collaboraz­ionismo e internato in un manicomio fino al 1948’. Il Premio Nobel gli fu ritirato (!) e i suoi libri bruciati sulla pubblica piazza; una vera e propria ‘damnatio memoriae’ di antica memoria. Come ha potuto la stessa mano scrivere pagine di grande letteratur­a e pochi decenni dopo tessere gli elogi di Hitler e compagnia?

Se si leggono i suoi capolavori senza nulla conoscere della sua vicenda privata si rimane sicurament­e conquistat­i da Fame, Il Risveglio della Terra, Un vagabondo suona in sordina, Pan e altri ancora, per non dire dello straziante Per i sentieri dove cresce l’erba, romanzo autobiogra­fico nel quale racconta la sua versione dei fatti e la tragica esperienza vissuta nel dopoguerra quando appunto fu rinchiuso in un istituto per malattie mentali senza poter nemmeno accedere alla biblioteca e ai suoi stessi libri.

Allora: l’uomo è la sua opera, oppure bisogna distinguer­e o mediare? Insomma, come dobbiamo giudicare noi un autore della levatura di Hamsun: sulla base di alcune discusse scelte fatte in età senile, oppure sulle pagine indimentic­abili dei suoi romanzi, amate da lettori in tutto il mondo lontani dall’ideologia nazionalso­cialista? Forse, in sintesi, credo si possa dire che si può apprezzare l’artista, e in qualche caso perfino amarlo, anche se l’uomo che sta dietro gli arriva solo alla cintola.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland