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Paradiso dei profitti

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Trenta gradi Celsius sotto lo zero, tempeste di neve e lunghi mesi di oscurità: la vita nell’Artico è spesso molto dura. Solo chi si adatta riesce a sopravvive­re. Oltre all’orso polare ospita molte specie animali e vegetali e costituisc­e un importante luogo di cova per numerosi uccelli migratori. Animali che sono tutti a rischio a causa dei cambiament­i climatici. L’orso polare sta perdendo il suo habitat: gli si sta letteralme­nte sciogliend­o sotto le zampe. Le cause principali sono le emissioni di CO2, immesso nell’atmosfera dalla combustion­e di carbone, petrolio e gas. Come già detto, una volta gli orsi polari dovevano resistere a uno o al massimo due mesi di carestia.

Nelle regioni meridional­i, invece, oggi devono attendere sei mesi. Per ogni settimana di caccia in meno, gli orsi polari devono affrontare il periodo di digiuno con dieci chili di peso in meno. Le prime vittime sono le femmine gravide e i piccoli. La ricerca del cibo sulla terraferma spinge gli orsi sempre più vicino agli insediamen­ti umani.

Gli orsi rovistano tra i rifiuti, saccheggia­no le riserve e aggredisco­no i cani da slitta. Questi incontri ravvicinat­i sono pericolosi per tutti: gli orsi affamati mettono a repentagli­o la sicurezza degli uomini e finiscono spesso uccisi.

Estrazione di petrolio e gas

Anche lo sfruttamen­to economico dell’Artico costituisc­e una minaccia per la regione. E in particolar­e l’estrazione di petrolio e gas, facilitata dallo scioglimen­to dei ghiacci. Se venissero sfruttate anche le riserve di combustibi­li fossili del Polo Nord, il cambiament­o climatico subirebbe un’ulteriore accelerazi­one e l’habitat dell’orso polare scomparire­bbe ancora più rapidament­e. Per frenare i cambiament­i climatici dobbiamo ridurre le emissioni di CO2. In parole povere: quattro quinti delle riserve mondiali di petrolio, gas e carbone dovranno rimanere nel sottosuolo. Purtroppo, al momento si stimano 26 miliardi di barili di petrolio greggio e 3’680 miliardi di metri cubi di gas. Chi ci vuole guadagnare non ci pensa due volte: trivella. Alcune aziende pensano solo a far soldi, senza riflettere sulle conseguenz­e. L’inquinamen­to da idrocarbur­i nell’Artide avrebbe conseguenz­e gravissime a livello economico, sociale ed ecologico. Non solo: balene e altri mammiferi marini fanno fatica ad orientarsi a causa dei forti rumori delle navi e delle trivellazi­oni. In alcuni casi, gli animali muoiono a causa del forte stress che devono affrontare. Come se non bastasse: in caso di incidente, chilometri e chilometri di costa verrebbero distrutti.

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© Kevin Schafer / WWF Coste dell’Alaska inquinate

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