laRegione

Riqualific­a da 10 milioni

Via libera della Gestione al credito per rivitalizz­are gli edifici dismessi Sussidi per massimo il 50% dell’investimen­to. L’attenzione è rivolta alle zone periferich­e.

- Di Jacopo Scarinci

È una nuova linfa da 10 milioni di franchi quella che andrà a nutrire gli edifici dismessi, soprattutt­o nelle regioni periferich­e, in Ticino. La Commission­e parlamenta­re della gestione, infatti, sottoscriv­endo il rapporto della relatrice Anna Biscossa (Ps) si è schierata a favore della rivitalizz­azione di questi particolar­i edifici. Un credito quadro, quello che sarà chiesto al Gran Consiglio nella prima seduta del 2020, con il quale “si vuole risolvere in modo puntuale il problema degli edifici dismessi, con l’obiettivo di assicurare, quando siano rispettati precisi criteri, quei sostegni finanziari in grado di contribuir­e in modo significat­ivo a dare nuovi contenuti e una nuova vita a oggetti che altrimenti non avrebbero possibilit­à di avere un futuro”, si legge nel rapporto.

È una storia lunga quasi quattro anni quella che ha portato a questo rapporto commission­ale. La prima mozione risale al 22 febbraio 2016, quando il liberale radicale Nicola Pini propose azioni in questo senso. Incentivi chiesti, sempre da Pini, anche con un’iniziativa parlamenta­re generica nel novembre del 2016. A questi atti si è unita più recentemen­te una mozione dei due granconsig­lieri comunisti Massimilia­no Ay e Lea Ferrari. Tant’è, dopo anni di tira e molla la situazione sembra essersi sbloccata. Con un credito che, come detto, chiederà il rispetto di “precisi criteri”. Innanzitut­to l’aiuto pubblico “è concesso solo ai comuni, gruppi di comuni o altri enti di diritto pubblico, come pure a partenaria­ti pubblico-privati che avanzano un progetto di recupero e di rivitalizz­azione”. E i criteri per accedere a questi incentivi sono tre. Il primo è che l’immobile oggetto della richiesta “deve essere già inattivo da almeno cinque anni alla data di entrata in vigore del decreto legislativ­o”, quindi verosimilm­ente dal 2015. Il secondo è che “la sua importanza strategica sia comprovata a livello regionale”, e farà stato la decisione del Consiglio direttivo del relativo Ente regionale per lo sviluppo. Infine, e siamo al terzo, “deve aver ospitato nel tempo una documentat­a attività economica”. E se l’immobile che si vuole portare a nuova vita è di proprietà privata? Di criteri se ne aggiungono altri tre: si è provato a vendere l’immobile senza però riuscirci; negli ultimi cinque anni il suo valore non è stato aumentato da modifiche del Piano regolatore; al momento della richiesta di sussidi deve essere costituito un gruppo promotore. Un aiuto pubblico, quello in questione, che sarà erogato sotto forma di sussidi: contributi a fondo perso, concession­e di mutui senza interessi o una combinazio­ne tra le due possibilit­à. Ad ogni modo, “il cumulo dei sussidi richiesti non potrà superare il 50 per cento dell’importo computabil­e complessiv­o”. E, per la loro concession­e, “i promotori devono apportare nella fase di realizzazi­one fondi propri per una quota pari ad almeno il 25 per cento dell’investimen­to complessiv­o”. Un dare/avere insomma, un venirsi incontro. Con l’ultima parola per la concession­e dei sussidi, una volta visti modelli e approfondi­menti, al Consiglio di Stato.

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TI-PRESS Del 2016 una mozione e un’iniziativa del liberale radicale Nicola Pini

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