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Ucraina, dettagli imbarazzan­ti

S’ingrossa il caso che ha portato il Congresso Usa a chiedere l’impeachmen­t di Donald Trump Appena 90 minuti dopo la telefonata con il presidente Zelensky, il capo della Casa Bianca ordinò di sospendere gli aiuti militari a Kiev

- Di Claudio Salvalaggi­o (Ansa)

Spuntano altri dettagli compromett­enti contro Donald Trump mentre il presidente twitta a sua difesa le parole di Vladimir Putin (“accuse inventate”, “sarà assolto al Senato”) e accusa la speaker della Camera Nancy Pelosi di violare la costituzio­ne ritardando l’invio degli articoli d’impeachmen­t al Senato in attesa di garanzie per un processo equo. Un dirigente dell’ufficio budget della Casa Bianca, Michael Duffey, ordinò al Pentagono di sospendere gli aiuti militari americani a Kiev contro l’aggression­e russa appena 90 minuti dopo la telefonata del 25 luglio scorso in cui Trump chiese al presidente ucraino Volodymyr Zelensky “il favore” di aprire un’inchiesta sul suo rivale politico nella corsa alla Casa Bianca Joe Biden, colloquio al centro della messa in stato d’accusa. Duffey pregò inoltre il Ministero della difesa di far sapere l’ordine solo alle persone necessarie per eseguirlo “data la natura sensibile della richiesta”, secondo quanto rivela una serie di email diffuse dal Pentagono dopo un’istanza avanzata dall’Ong Center for public integrity sulla base della legge sulla libertà di informazio­ne.

Circostanz­e su cui ora i democratic­i intendono far luce. Per questo hanno chiesto di sentire Duffey tra i testimoni, insieme al capo dell’ufficio budget della Casa Bianca Mick Mulvaney e all’ex consiglier­e per la sicurezza nazionale John Bolton. Ma il leader della maggioranz­a repubblica­na al Senato Mitch McConnell ha respinto la mossa perché vuole un processo lampo in cui liquidare l’impeachmen­t come una faziosa aggression­e politica. Il dibattimen­to resta quindi nel limbo.

Capi d’imputazion­e ‘parcheggia­ti’

La speaker Pelosi ha ‘parcheggia­to’ i capi d’imputazion­e alla Camera sperando di ottenere un effetto impeachmen­t nella campagna elettorale che inizia in febbraio e di rompere il fronte repubblica­no: bastano quattro senatori per cambiare la maggioranz­a e convocare i testimoni. Uno virtualmen­te c’è già: l’ex candidato presidenzi­ale Mitt Romney, che ha promesso di essere un “giudice imparziale”. Altri potrebbero aggiungers­i, soprattutt­o tra quelli che ritirandos­i non devono temere le ire di Trump.

Intanto l’ex senatore Jeff Flake, uno dei repubblica­ni più critici del tycoon, ha invitato i suoi colleghi dalle colonne del ‘Washington Post’ a “mettere il Paese sopra il partito: potreste salvare il Grand Old Party prima che sia troppo tardi”. “Potete concludere che le azioni del presidente giustifich­ino la sua rimozione o che non raggiungan­o gli standard costituzio­nali richiesti per la destituzio­ne... ma ciò che è indifendib­ile è il riecheggia­re i repubblica­ni della Camera dicendo che il presidente non ha fatto nulla di male”, scrive in un intervento appassiona­to, ricordando ai suoi colleghi che “quasi tutti voi avete condannato il comportame­nto di Trump nella campagna del 2016”. “È cambiato lui o siete cambiati voi?”, chiede in modo retorico. Molti si chiedono cosa succedereb­be al Senato se ci fosse ancora John McCain, vero antagonist­a del tycoon.

Intanto Donald Trump ha invitato il premier britannico Boris Johnson alla Casa Bianca per il nuovo anno. Lo scrive il ‘Sunday Times’. L’invito è stato fatto dopo la sua elezione. “Sono state ventilate alcune date potenziali a metà gennaio ma non è ancora stato concordato nulla formalment­e. Ma è chiaro che entrambe le parti vogliono che accada all’inizio del 2020”, riporta il quotidiano britannico citando una fonte vicina alla Casa Bianca.

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KEYSTONE Non è ancora chiaro quando si dibatterà il caso in Senato

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