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Di cìnkali e Coopi

A Zurigo festeggiat­i i 125 anni della Federazion­e socialista italiana in Svizzera Per l’occasione ripubblica­to il libro sull’emigrazion­e italiana ‘Cìnkali’ di Dario Robbiani

- Di Elda Pianezzi

Per festeggiar­e i 125 anni dalla sua fondazione, la Federazion­e socialista italiana in Svizzera (Fsis) ha deciso di ristampare, in edizione bilingue, ‘Cìnkali’, un libro sull’emigrazion­e italiana in Svizzera pubblicato da Dario Robbiani nel 2005. Ce ne parla Andrea Ermano, presidente della federazion­e, nonché direttore di L’Avvenire dei lavoratori e presidente della società che gestisce il mitico ristorante Cooperativ­o di Zurigo. Il Coopi, come viene chiamato, “nasce nel 1905 dalla Fsis dopo una serie di pogrom anti-italiani. Occorreva una sede per le riunioni sindacali senza obbligo di consumazio­ne perché gli alcolici surriscald­avano le sedute fino all’ingestibil­ità. Durante la Prima guerra mondiale al Coopi si ritrovavan­o i pacifisti di Zimmerwald, tra cui Lenin e la storica esponente della rivoluzion­e russa Angelica Balabanoff”. Il Coopi, il cui scopo era quello di nutrire gli operai non solo con cibo sano e a buon prezzo ma anche con letture e istruzione, divenne in seguito sede della resistenza antifascis­ta, porto sicuro per esuli ed intellettu­ali come Saragat, Matteotti e Silone. Nel dopoguerra servì invece da centro di aggregazio­ne culturale per i lavoratori italiani in Svizzera. Nel corso della storia il Coopi ha cambiato indirizzo ben cinque volte (ma sempre ancorato nel vitale Kreis 4) e da dodici anni si trova alla Jakobstras­se, dove sabato 14 dicembre si sono tenuti i festeggiam­enti del 125° della Fsis, dapprima con una tavola rotonda e in seguito con la presentazi­one del libro di Robbiani. Ne hanno parlato Anita Thanei, presidente­ssa dell’Associazio­ne degli inquilini della Svizzera tedesca, che ha sottolinea­to come i pregiudizi continuino a rendere ardua la ricerca di una casa per gli stranieri, Lara Robbiani Tognina, figlia di Dario, attiva presso l’associazio­ne Dare che dona beni di prima necessità ai profughi, lo storico dell’emigrazion­e Toni Ricciardi, lo scrittore Vincenzo Todisco, autore di Eidechsenk­ind, lo storico Gigi Bettoli e il giornalist­a Renzo Balmelli, che durante il suo intervento ha ricordato al pubblico che tutti noi, in un momento o in un altro, possiamo diventare vittime della discrimina­zione: “Al mondo c’è sempre qualcuno che è il cìnkali di qualcun altro”.

Dario Robbiani, che fu giornalist­a, scrittore e uomo politico, dedicò il suo libro di ricordi e aneddoti non solo ai migranti italiani con cui visse fianco a fianco per tutta la vita, ma anche agli svizzeri che si impegnaron­o ad aiutarli. Secondo Toni Ricciardi i temi trattati da Robbiani “ci aiutano a capire meglio la storia svizzera perché la storia delle migrazioni è la storia svizzera. Senza le migrazioni il nostro paese come lo conosciamo non esisterebb­e”. In Svizzera le migrazioni di massa cominciaro­no a fine Ottocento con l’arrivo della manodopera necessaria alla realizzazi­one dei grandi trafori alpini e da allora i lavoratori stranieri ci caratteriz­zano plasmandoc­i e trasforman­doci in ciò che siamo. Come spiega il professor Ricciardi, il nostro è il paese con il tasso di incidenza migratoria più alto al mondo, più alto addirittur­a degli Stati Uniti. All’emigrazion­e dobbiamo la nostra prosperità e anche il fatto di essere il paese dell’Ocse con la popolazion­e più giovane. Il libro di Robbiani rientra nel filone di tutta quella letteratur­a che a partire dagli anni 2000 iniziò a storicizza­re e a raccontare il fenomeno migratorio. Sono tanti i fatti curiosi e in parte anche dolorosi che racchiude. Robbiani parla per esempio del giovane padovano Rino Miolo espulso perché aveva messo in salamoia un cigno, del cosiddetto lazzaretto di Chiasso, dove gli emigranti erano spruzzati di zolfo, di Attilio Tonola, picchiato a sangue e ucciso poiché rientrando a St. Moritz nella sua baracca cantava, della tragedia di Mattmark, il ghiacciaio che nel 1964 si inghiottì ottantotto operai, del gioco della morra, bandito in molte osterie svizzero-tedesche dal momento che surriscald­ava gli animi e naturalmen­te anche della celeberrim­a iniziativa di Schwarzenb­ach che nel 1970 tentò di limitare la popolazion­e straniera. Toni Ricciardi definisce Robbiani un “apripista” non solo per il libro che ha scritto – “probabilme­nte l’ultimo gesto d’amore di una persona che ha contribuit­o a migliorare la condizione degli italiani” – ma anche e soprattutt­o per ciò che ha fatto in vita. “Un’ora per voi”, il programma da lui creato per gli immigrati italiani, dimostra una grande lungimiran­za e anticipa la television­e moderna.

A vegliare sulla Federazion­e e sul suo retaggio al giorno d’oggi ci pensa Andrea Ermano, che ha accettato di rappresent­arla nel 1996. Dopo la fine del Psi, nel 1998 la Fsis partecipò in Italia alla fondazione dei Democratic­i di Sinistra, ritirandos­i però quando dieci anni dopo la parola “sinistra” uscì dal nome del partito. Oggi la Fsis, racconta Ermano, preferisce

“evitare polemiche limitandos­i alla tutela di un luogo, il Coopi, che è rimasto un punto d’incontro, continuand­o a farsi sentire tramite l’editrice L’Avvenire dei lavoratori”.

L’antico spirito del Coopi è in declino? Secondo il professor Ricciardi no. Se è vero che la Fsis non gestisce più le rivendicaz­ioni degli italiani in Svizzera, visto che è ora la nuova patria a occuparsen­e, è anche vero che le idee e i principi che da sempre la caratteriz­zano sono ancora di forte attualità. Il mondo odierno è diventato più complesso, ma il bisogno di una maggiore uguaglianz­a fra le persone rimane forte. Se la Federazion­e vorrà proseguire il proprio lavoro dovrà trovarsi nuovi compiti e un nuovo linguaggio attirando a sé i giovani, che durante i festeggiam­enti purtroppo scarseggia­vano.

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Nutrire gli operai con cibo sano e con letture e istruzione

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