L’Isis torna più forte in Iraq
Dopo la caduta del califfato ha ripreso vigore la riorganizzazione dello Stato Islamico
Per l’intelligence curda le milizie jihadiste possono contare già su migliaia di combattenti e nuovi armamenti
Baghdad – È occorso un anno dalla caduta del “Califfato”, ma la fase di ricostituzione dell’Isis in Iraq può considerarsi compiuta. Oggi le forze dello Stato Islamico nel nord dell’Iraq, ha detto un responsabile di vertice dell’intelligence curda, “sono paragonabili ad al Qaida, con gli steroidi”.
Un lungo servizio di Orla Guerin, inviata della Bbc nel nord dell’Iraq, ha fatto ieri il punto sulla ricostruzione delle formazioni dell’Isis, decimate e disperse dall’offensiva vittoriosa condotta dalle forze alleate con il contributo determinante delle milizie curde.
E come da mesi vanno avvertendo i servizi di intelligence di diversi Paesi, nonostante la pesantissima sconfitta subita i risorgenti gruppi di jihadisti ex Isis o affiliati all’organizzazione del defunto al Baghdadi “sono ormai più avveduti e pericolosi di quanto furono quelli di al Qaida” da cui hanno semmai appreso il vantaggio di rinunciare al controllo di un territorio o al costituirsi in stato, a favore di una strategia di guerriglia. Dunque si parla ora di formazioni migliorate dal punto di vista tecnico, tattico “e con molti soldi a disposizione”; potendo così “acquistare veicoli, armi, scorte alimentari ed equipaggiamento”. Anche il capo del’intelligence irachena generale Saas al Alaq in una rara intervista rilasciata alla Cnn un mese fa disse che gli “emiri” dell’Isis hanno a disposizione “una quantità enorme” di denaro e stanno formando nuove cellule in Turchia, dove avevano trovato riparo attraversando senza danni le linee delle milizie filoturche debitamente corrotte. Turchia dove ora “svolgono un ruolo chiave nel reclutamento di nuovi combattenti e terroristi”.
Va da sé che il rafforzamento delle milizie dell’Isis nei recessi montani dell’Iraq settentrionale è un elemento destabilizzante per l’intero Paese (la cui stabilità, peraltro, non è che un tema di propaganda statunitense) dove è pronto a sfruttare a proprio vantaggio le tensioni mai sopite nella minoranza sunnita.
Diecimila uomini pronti
Mentre un ulteriore elemento di vantaggio per l’Isis risorgente, osserva Guerin, sono gli attriti tra il governo di Baghdad e quello del Kurdistan iracheno, esasperati dal referendum sull’indipendenza del 2017. Di fatto, tra le aree sotto l’autorità curda e quelle ancora controllate dal governo iracheno si è aperta una no man’s land dove i due eserciti non hanno interesse ad “incontrarsi”. E dove le nuove formazioni jihadiste hanno al contrario capo libero.
Si parla, per ora, di una forza totale di diecimila uomini, circa la metà dei quali inquadrati come combattenti, il resto come cellule ‘in sonno’ o simpatizzanti. Con, secondo l’intelligence dei Peshmarga, un centinaio di nuovi arrivi dalla Siria, compresi non pochi presentatisi con indosso le cinture esplosive degli attentatori suicidi.
Lo spettro di Mosul
Il comando statunitense in Iraq, citato anch’esso dalla Bbc, ha riconosciuto di essere a conoscenza degli sforzi dell’Isis di darsi una nuova forza militare, insistendo tuttavia sullo speculare rafforzamento dell’esercito iracheno. Un riferimento evidente alla facilità con cui nel 2014 le bande dell’Isis presero Mosul cacciandovi le forze armate regolari senza quasi dover combattere. Abbiamo migliorato la loro preparazione, ha assicurato il generale William Seely.
Più prudente la valutazione del generale dei peshmerga Sirwan Barzani: posso confrontare la situazione del 2019 con quella del 2012, ha osservato, quando l’Isis cominciò a organizzarsi a partire dall’imposizione di tasse alla popolazione, e arrivando a controllare un territorio vasto come il Regno Unito, tra Siria e Iraq, abitato da dodici milioni di persone.
“Se non cambierà qualcosa – l’avvertimento di Barzani – nel 2020 riprenderà a farlo, la sua forza crescerà e i suoi attacchi saranno più pericolosi”.