Fuochi d’artificio dell’inventore
C’è una parola che descrive bene la forza di quel visionario che è Elon Musk: resilienza. Ci vuole una buona dose di testardaggine, capacità e furbizia per riuscire, come Musk, a sopravvivere (professionalmente) a razzi che esplodono e finestrini infrangi
Resilienza certo, ma anche soci e azionisti fedeli e fiduciosi, abituati ai colpi di testa del guru di Pretoria. Un esempio? Lo spinello in diretta web accompagnato da un bicchiere di whiskey. Certo, in un giorno il titolo aveva perso il 6% in Borsa, 3,1 miliardi di dollari bruciati a favor di camera. Un altro esempio? Un tweet scritto ad agosto 2018 in cui Musk aveva annunciato la possibilità di delistare Tesla. Il Ceo aveva parlato di un finanziamento (già trovato) che valorizzava le azioni 420 dollari ciascuna, ben al di sopra del prezzo di mercato, salvo poi smentire tutto dopo qualche giorno. In quella occasione in effetti, anche i più fedeli investitori avevano vacillato sotto i colpi della Sec che a ottobre aveva sanzionato Musk per 20 milioni di dollari. Adesso però, complici una buona trimestrale e una produzione che sembra aver ingranato, il titolo Tesla al Nasdaq ha raggiunto e superato la soglia di quei famosi 420 dollari, dando ragione insomma a Musk e ai suoi azionisti (la vigilia di Natale ha toccato i 422 dollari. Lui ha ricambiato il giorno dopo con un «aggiornamento» sull’auto elettrica: non solo guida autonoma, sarà dotata di videogiochi. E il titolo ha continuato a salire).
2019 anno decisivo
Il 2019 in effetti si sta rivelando l’anno decisivo per il gruppo di Palo Alto, dopo un primo trimestre chiuso sotto le previsioni, non solo il terzo trimestre ha ribaltato le aspettative degli analisti (che puntavano a una perdita di 42 centesimi per azione contro gli 1,86 dollari per azione registrati), ma ha anche posto le basi per un 2020 decisamente più ottimista. Per quanto riguarda i numeri, in particolare, gli analisti scommettono su un nuovo attivo e vendite per 6,7 miliardi.
La fabbrica tedesca
Tra i fattori che fanno sorridere (ancora) i mercati per il 2020, ci sarebbe il cambio di rotta impostato da Musk che in questi ultimi mesi ha dovuto affrontare anche tragici «colli di bottiglia» che hanno intasato gli stabilimenti del gruppo.
Troppi ordini, poco tempo per smaltirli. Risultato: consegne in ritardo, clienti e azionisti che storcono il naso. Un cambio di rotta dettato soprattutto dall’arrivo in produzione della Model 3, la berlina alla portata di tutti (o quasi), pensata da Musk per un pubblico più ampio. In effetti gli ordini ci sono stati. Solo in Europa il modello, ha registrato 17’500 immatricolazioni tra luglio e settembre 2019, diventando l’auto elettrica più venduta nel Vecchio Continente, un dato significativo per il gruppo di Palo Alto. Che ha deciso di cominciare a produrre anche in Europa, più precisamente in Germania, nelle campagne attorno a Berlino.
Una decina di giorni fa Musk e il Land del Brandeburgo hanno trovato un accordo per la compravendita del terreno su cui sorgerà la fabbrica. Top secret la cifra, non altrettanto top secret la voglia di Musk di cominciare al più presto a produrre la Model 3, il Suv Model Y e batterie elettriche nel nuovo maxi stabilimento tedesco. Curiosità: proprio uno studio tedesco ha affermato che una Model 3 emette più CO2 di una Mercedes turbodiesel. Non esattamente un dettaglio: se i valori fossero confermati verrebbe meno uno dei pilastri del business di Musk, la sostenibilità. Comunque i lavori dovrebbero cominciare nel 2020 perché la fabbrica possa essere operativa entro il 2021.
La Gigafactory a Shanghai
A Shanghai Tesla ha costruito la Gigafactory 3 (il primo stabilimento non americano) in 10 mesi circa. L’obiettivo è di produrre circa 150mila Model 3 all’anno per il mercato cinese. Meglio delle attese, secondo gli analisti, che hanno letto l’apertura in Cina come «una parte cruciale per la crescita di Tesla nel 2020» (e non avevano ancora registrato le voci su un maxi finanziamento da 1,2 miliardi di euro da importanti banche locali).
Certo, tutto bene fino al prossimo tweet fuori luogo o fino al prossimo passo falso. Come potrebbe essere il mandare in frantumi il vetro infrangibile del pickup elettrico futuristico a prova di urti durante l’evento di presentazione. Ma anche in questo caso, nonostante i vetri in frantumi, l’entusiasmo del guru resta. In un tweet ha fatto sapere che nonostante questo piccolo intoppo, già 200mila clienti hanno pre-ordinato il Cybertruck dalle forme spigolose, con una caparra da 100 dollari, contro i mille di anticipo della Model 3. Se gli acquisti verranno confermati, Musk nel 2022 (anno di consegna) si troverà in cassa circa 8 miliardi di dollari.
Fiducia, a prescindere
Il mercato insomma si fida di Musk nonostante tutto. E si fida di lui sia quando si parla di quattro ruote elettriche (a proposito: nel 2020 Tesla dovrebbe lanciare un servizio di robotaxi, vetture automatizzate senza guidatore umano), sia quando si parla di spazio. Tra le proprie creature, Musk annovera anche SpaceX, azienda aerospaziale per portare turisti nello spazio e, più nel lungo periodo, colonizzare Marte. Obiettivo certamente ambizioso, come ha ammesso lo stesso Musk. «Ci vorranno almeno 20 anni».
La tabella di marcia spaziale
Per il momento la tabella di marcia spaziale prevede già nel 2020 il primo viaggio spaziale attorno alla Luna del turista miliardario Yusaku Maezawa. Allunaggio previsto per il 2024. Conquista marziana a data da destinarsi. Anche perché nei primi esperimenti di lancio Starship, il razzo preposto ai futuri viaggi, non ha superato la fase di lancio, esplodendo nel cielo sopra Boca Chica, nel Texas. Ovviamente il risultato fallimentare del tentativo numero uno («non del tutto inaspettato», hanno fatto sapere da SpaceX) potrebbe rallentare non di poco gli ambiziosi progetti di Musk che sembra comunque non essere intaccato da nulla: «Non è una grave battuta d’arresto». Ora il business più redditizio di SpaceX è il lancio di satelliti Starlink per rendere internet accessibile a tutti. L’obiettivo è metterne in orbita 1’440. Progetti grandiosi al limite della fantascienza che però portano pochi soldi nelle tasche di Musk. Che ha comunque un patrimonio di circa 20 miliardi costituito per il 99% da azioni Tesla e SpaceX e debiti per 500 milioni. Poca liquidità quindi, ma tante idee. Come i treni super sonici o il progetto Neuralink che, tramite sensori impiantati nel cervello, dovrebbe permetterci di controllare smartphone e computer.