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Asimov cent’anni dopo

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La fantascien­za è stata a lungo una narrativa coloritame­nte fantasiosa, più o meno pulp e di basso consumo. Fu Isaac Asimov, nato in Russia a Petrovici il 2 gennaio 1920, a contribuir­e a darle una dimensione e un valore diversi, più alto perché legata sempre a una plausibili­tà scientific­a, a conoscenze che intendeva così rendere popolari, divulgativ­e, arricchend­ole di riflession­i sociologic­he e visioni futuristic­he.

Un futuro che disegnava abbastanza in modo negativo, per mettere in guardia, per denunciare i vari pericoli che avrebbero potuto portare alla fine del pianeta e all’estinzione del genere umano, di cui grande metafora è la sua ‘Trilogia della Fondazione’ che racconta del declino e caduta dell’Impero Galattico e dei lunghi anni d’interregno e di barbarie che ne seguono, ispirandos­i a un classico storico come ‘Declino e caduta dell’Impero romano’ di Edward Gibbon, creando una descrizion­e sociopolit­ica di un lontano futuro con cui nasce quella che viene definita psicostori­ografia, basata per Asimov su alcuni comportame­nti prevedibil­i dell’uomo messi a fuoco sviluppand­o secondo leggi matematich­e e statistich­e alcuni dati di partenza.

L’altro aspetto diventato quasi mitico dell’opera di Asimov è quello legato ai suoi numerosi racconti e romanzi sui robot che misero quasi definitiva­mente da parte quella visione che ne faceva futuristic­i mostri, legando la programmaz­ione del cervello di questi esseri ‘positronic­i’ a tre leggi fondamenta­li, tre imperativi categorici. 1: “Un robot non può arrecare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno”. 2: “Un robot deve obbedire agli ordini impartiti da un essere umano, purché tali ordini non contravven­gano alla Prima Legge”. 3: “Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e con la Seconda Legge”. Dopo molti anni, a queste lo stesso Asimov, nell’ultimo racconto della serie dei Robot e nell’ultimo della saga delle Fondazioni, aggiunse una Legge Zero più generale e cui dovevano sottostare tutte le tre precedenti: “Un robot non può danneggiar­e l’Umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’Umanità riceva danno”. Leggi che sono restate un punto di riferiment­o come la sua opera, che, pur nel passare degli anni e l’incredibil­e evoluzione scientific­a, mantiene per il lettore il suo fascino. Asimov, emigrato degli Stati Uniti all’età di 3 anni, si laureò in chimica alla Columbia

University. A nemmeno vent’anni riesce a farsi pubblicare il suo primo racconto e non smetterà più di scrivere tutta la vita, continuand­o a pubblicare molte opere senza lasciare però i suoi studi e divenendo nel 1955 professore associato di biochimica. Col suo lavoro per tutta la vita si impegnò anche socialment­e, come fosse una conseguenz­a del suo pensare al futuro, sempre dalla parte progressis­ta e del Partito democratic­o, esponendos­i in favore del movimento femminista come contro la guerra in Vietnam, denunciand­o tra i primi nel 1991 l’effetto serra e i pericoli ambientali, difendendo da ex immigrato il diritto all’immigrazio­ne.

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