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La tragedia scozzese

Tra Shakespear­e e Jung, abbiamo seguito le prove di ‘Macbeth: le cose nascoste’, il 9 gennaio al Lac

- di Ivo Silvestro

Ventilator­i troppo rumorosi, luci da regolare, video da sincronizz­are. Poi, il regista Carmelo Rifici chiede di abbassare il volume perché ‘la sua deve essere una voce interiore’. Dando la chiave di lettura di questo Macbeth.

Entriamo nella sala del Lac che le prove sono già iniziate da un po’. Ma Macbeth non ha ancora incontrato le streghe con le loro profezie, non ha ancora scoperto di essere destinato a essere re di Scozia, la brama di potere non l’ha ancora spinto a uccidere il sovrano per il quale ha combattuto: nessuno dei personaggi della tragedia di Shakespear­e è ancora apparso in scena ma, nella essenziale e suggestiva scenografi­a di Paolo Di Benedetto, troviamo gli attori. C’è Maria Pilar Pérez Aspa che sovrastata dallo sguardo (in video) dello psicanalis­ta Giuseppe Lombardi racconta come per lei Macbeth rappresent­i l’incapacità di comprender­e il male. «Non siamo mai preparati alla cattiveria altrui e alla nostra anche. Come si può gestire quella parte negativa di sé?». Abbiamo poi Angelo Di Genio, Alessandro Bandini, Tindaro Granata (gli altri attori Leda Kreider, Christian La Rosa ed Elena Rivoltini seguiranno più avanti nello spettacolo), l’ambizione di una vita diversa da quella dei propri genitori, la ricerca di una propria autonomia e identità, il rapporto con il padre, i valori della tradizione contadina di famiglia. E poi, lentamente, attraverso il ricordo di un rito per il malocchio praticato dalla nonna, si passa dagli attori ai personaggi, dal colloquio con lo psicanalis­ta al testo di Shakespear­e.

Una voce interiore

Poche file davanti a noi, il regista Carmelo Rifici osserva e interviene: la complessa macchina scenica è agli inizi, e tra video da sistemare, ventilator­i troppo rumorosi, effetti sonori e luci, lo spettacolo deve ancora prendere forma. Ascoltando le osservazio­ni di Rifici, si comprende come il teatro sia soprattutt­o questione di tempi: basta anticipare o ritardare un gesto, un movimento, una battuta e la scena muta sotto gli occhi di chi gli spettacoli è abituato a vederli ultimati. Ma a restare impressa è soprattutt­o un’osservazio­ne, durante una battuta di Lady Macbeth, diretta al tecnico del suono: «Il volume è troppo alto: la sua deve essere una voce interiore». In quel “voce interiore” è forse riassunto il lavoro che Rifici – insieme ad Angela Demattè e alla ‘dramaturg’ Simona Gonella, oltre al già citato psicanalis­ta Giuseppe Lombardi – sta facendo sul testo di Shakespear­e. Che tutti noi conosciamo, anche grazie alle varie trasposizi­oni cinematogr­afiche e all’opera di Verdi, come una storia di potere e violenza, con Macbeth che uccide nel sonno il legittimo sovrano per diventare re, trasforman­dosi in un sanguinari­o dittatore per la paura di perdere quanto conquistat­o. Una storia sulla psicologia del potere e della violenza, con la spietata Lady Macbeth che invano cerca di lavarsi le immaginari­e macchie di sangue dalle mani o il monologo nichilista di Macbeth (“La vita è solo un’ombra che cammina”) – scene che non abbiamo visto nelle prove e che siamo curiosi di vedere, alla prima, come saranno rese. Ma Rifici sembra guardare soprattutt­o a quegli elementi arcaici, magici, sovrannatu­rali presenti nella storia: a quelle streghe che con le loro profezie innescano il racconto. E a quelle streghe interiori che gli attori sono stati chiamati a indagare con i colloqui con lo psicanalis­ta che, riportati in scena, danno avvio allo spettacolo. Un modo per dare sostanza a quegli archetipi junghiani che sono la chiave di questa lettura del testo di Shakespear­e. Sono evidenteme­nte queste le “cose nascoste” cui fa riferiment­o il titolo: quella dimensione simbolica e rituale dell’umanità che la razionalit­à cerca, inutilment­e, di negare e che va affrontata – con gli strumenti del teatro.

Non è certo una novità, per il teatro contempora­neo, portare in scena la stessa messa in scena, come riflession­e sul ruolo e sul senso del teatro – pensiamo alla ‘Ifigenia, liberata’ sempre di Rifici e Demattè, che ad aprile tornerà al Lac tre anni dopo il debutto –, ma qui il lavoro è diverso, più profondo ma al contempo, iniziando la narrazione con gli autentici colloqui degli attori con lo psicanalis­ta, meno cerebrale e più naturale. Ma tutto questo lo scopriremo giovedì 9 e venerdì 10 gennaio alle 20.30 nella Sala-Teatro del Lac, con le prime rappresent­azioni di ‘Macbeth, le cose nascoste’.

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LAC E STUDIO PAGI
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‘Macbeth: le cose nascoste’ in scena al Lac giovedì 9 e venerdì 10 gennaio
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