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Il valore del prossimo

- Di Silvano Toppi

Forse non si deve fare, sarà ritenuto da taluni sconsidera­to o fuori tempo. La tentazione rimane però forte di accostare due discorsi augurali di nuovo anno: quella della presidente della Confederaz­ione, Simonetta Sommaruga, e quello del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella. L’una, dopo aver acquistato il pane come una comune casalinga, sceglie la panetteria come collocazio­ne (‘location’, direbbero i moderni eruditi), ma anche come metafora, del suo intervento. La panetteria ‘che ci sa fare’, dove si riceve molto di più del buon pane quotidiano che si chiede: il sorriso ai clienti, lo scambio di due parole, il guardarsi negli occhi, un esempio di come si può rendere migliore la vita anche per gli altri. L’altro si spinge invece nell’immenso spazio, con l’immagine inviatagli da un astronauta amico, per osservare l’Italia, piccolo stivale punteggiat­o, visto dall’alto, ‘dal di fuori’, per raccontarn­e umanità, ingegno, sapienza, armonia, ponte geografico mediterran­eo tra diverse culture. Tutte grandi risorse che inducono ad “aver fiducia e impegnarsi attivament­e nel comune interesse”. Forse si è subito portati a dire che non ci potevano essere scelte più antropolog­icamente svizzera ed italiana: quasi bottegaia, pragmatica ed umile la prima; universale, orgogliosa (anche di rendita storicamen­te e culturalme­nte orgogliosa) e quindi giusto motivo di “ragionevol­e speranza”, la seconda.

La tentazione di accostare i due discorsi non è però quella, come alcuni potrebbero immaginare, sulla scia dei molti luoghi comuni che separano le due nazioni, di farvi correre un sottile filo di tradiziona­le scontata ironia: la Svizzera concreta, di poche parole, fattiva; l’Italia fumosa, parolaia, inconclude­nte.

C’è invece un giusto motivo che, in maniera e metafora diversa, sta nella ricerca che li accomuna. Ricerca di un valore essenziale sempre più mancante: il valore del prossimo. Chi lo scopre nella panetteria, convinto che da lì può prender vita. Chi, trovandolo forse sempre meno nella realtà quotidiana del proprio Paese (soprattutt­o politica), prende invece a pretesto una foto satellitar­e per constatare come quel Paese è solo parte di un infinito, ma in quella parte ci sono infinite risorse umane e ci si deve quindi chiedere come mai non prevalga “un comune sentire”, pur mantenendo “il diritto di essere differenti”.

Il tuo prossimo è cosa molto semplice, come dice la nostra presidente. È la persona che vedi, senti, guardi negli occhi, sorride, che ti sta vicino, puoi toccare. Proprio come dice da millenni il Levitico degli ebrei o il Vangelo dei cristiani, non indicando qualcosa di astratto, ma “il tuo” prossimo. Ed è qui che tende sempre più a sfuggirci per la tangente, paradossal­mente, quasi fosse una deprecabil­e distorsion­e economica, un principio che dovrebbe invece essere l’essenza non solo del “comune sentire”, ma della stessa economia strumento e non fine per l’uomo. E l’ha formulato con semplici parole alla fine del suo discorso in panetteria la presidente della Confederaz­ione. “Sappiamo tutti che per stare bene noi devono star bene anche gli altri”. Cioè il tuo prossimo.

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