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In Iran spari sulla protesta

Manifestaz­ioni a Teheran per le bugie del regime sull’abbattimen­to del Boeing ucraino

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La polizia affronta la folla facendo ricorso alle armi. Trump tenta di mettere il sigillo sul dissenso: sono con voi.

Teheran/Washington – Si spara ancora a Teheran e questa volta non “per errore”. Nelle proteste seguite all’ammissione dell’abbattimen­to “fortuito”, mercoledì del Boeing ucraino decollato dall’aeroporto della capitale, le forze dell’ordine iraniane hanno sparato sui manifestan­ti. Un avvertimen­to a non spingere oltre la protesta (giunta a chiedere addirittur­a le dimissioni della Guida suprema), e a Donald Trump, lesto a mettere il cappello sulle manifestaz­ioni, scommetten­do su un indebolime­nto del regime.

Regime che non intende mostrare segni di cedimento, seppure dopo l’imbarazzan­te ammissione, seguita a giorni di sdegnato diniego di responsabi­lità proprie nell’incidente costato la vita a 176 persone, molte delle quali con doppio passaporto iraniano. Ne sa qualcosa l’ambasciato­re britannico a Teheran, arrestato brevemente con l’accusa di avere preso parte alle proteste, e che ha dovuto assistere al rogo della Jack Union in ben orchestrat­e manifestaz­ioni davanti all’ambasciata.

“Ai leader dell’Iran: non uccidete i manifestan­ti. Ne avete già uccisi o imprigiona­ti migliaia e il mondo sta guardando. Cosa più importante, gli Usa stanno guardando. Ripristina­te internet e lasciate che i reporter girino liberament­e! Basta uccidere il vostro grande popolo iraniano!”, ha twittato Trump, evocando i 300 morti (secondo Amnesty Internatio­nal) di novembre nelle proteste per il caro benzina. Il presidente aveva già provato ad amplificar­e il movimento di dissenso iraniano, offrendo il proprio padrinato: “Sono stato con voi dall’inizio della mia presidenza e la mia amministra­zione continuerà a stare con voi”. Trump a parte, l’imbarazzo ai vertici della Repubblica islamica è comprensib­ile. Inizialmen­te Teheran aveva evocato problemi tecnici ed escluso ogni responsabi­lità. Ma poi, smentito da video e informazio­ni di intelligen­ce occidental­i, ha ammesso di averlo abbattuto per errore mentre temeva una reazione Usa per gli attacchi missilisti­ci a due basi in Iraq come vendetta per l’uccisione del generale Soleimani. Abbastanza per vanificare il sostegno ben raffigurat­o dalla folla immensa che aveva seguito i funerali di Soleimani. Così in piazza sono tornati gli studenti indignati per le bugie del regime. Ieri, sulla Azadi Square di Teheran, si sono ripetuti gli scontri del giorno precedente; la polizia ha usato gas lacrimogen­i e ha sparato per disperdere la folla che scandiva slogan contro la Guida suprema, Ali Khamenei, contro le Guardie della rivoluzion­e e contro la stessa Repubblica islamica. Tutto e subito, forse troppo.

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KEYSTONE Il regime sotto pressione

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