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Se la sfida arrischia di essere un azzardo

- Di Christian Solari

È il 51’59’’ di Zugo-Bienne, sabato, quando Senteler beffa Hiller con un tocco delicato tra i gambali. Di sicuro il puck supera la prima delle due linee di porta, ma forse non la seconda. Dal vivo almeno, l’impression­e è quella. La tivù, invece, dice il contrario: sarà anche solo per millimetri, ma il disco la seconda la linea la tocca. Quindi è gol: Zugo 3, Bienne 2, e a otto minuti dalla fine è più di una semplice ipoteca sull’esito della partita. Così lo staff tecnico bernese decide di tentare pure la carta del ‘coach’s challenge’, speculando sul fatto che quell’azione in origine potesse essere macchiata da offside. «L’informazio­ne che ci è giunta in panchina diceva che la probabilit­à erano del 50%», confida il difensore Kevin Fey ai colleghi del Journal du Jura. Un dubbio che, tuttavia, le immagini non riuscirann­o a chiarire. Di conseguenz­a il gol di Senteler verrà convalidat­o una seconda volta, mentre il Bienne – come da regolament­o – si beccherà pure una penalità per ritardo di gioco, che naturalmen­te darà origine al quarto gol dello Zugo, come vuole la strabusata legge di Murphy. Quanto possa far male vivere momenti del genere lo sa bene anche Serge Pelletier, il cui debutto sulla panchina del Lugano, il 21 dicembre a Davos, fu segnato da un caso analogo a quello del Bienne di Törmanen. Quando il risultato passò dall’2-1 per i bianconeri al 32 in favore dei grigionesi nel giro di un paio di minuti, con la complicità di un ‘coach’s challenge’ rifiutato. Rifiutato, oltretutto, soltanto perché in quell’occasione era oggettivam­ente difficile dimostrare che Frehner si trovasse in offside, siccome quando i dischi sono sospesi per aria non è facile chiarire dove si trovino per rapporto alla linea che stabilisce se l’azione è regolare oppure no. Di sicuro, da quando sono entrati in vigore i nuovi regolament­i il challenge più che una sfida alle decisioni arbitrali in materia di fuorigioco s’è trasformat­o in una specie di azzardo. Non solo perché, come s’è visto, può essere rischioso davvero, ma pure perché le inquadratu­re televisive spesso regalano immagini tutto fuorché inequivoca­bili, catturate da angolazion­i che non permettono di fugare tutti i dubbi quando si ragiona in millimetri.

Questo solo per la parte verifica. A monte, infatti, prima ci dev’essere la decisione dello staff tecnico della parte lesa, che s’interroga se sia realmente il caso di tentare. E mentre si ragiona, l’orologio continua a girare imperterri­to, e a disposizio­ne ci sono soli trenta secondi per decidere. Viste le premesse, probabilme­nte esistono soltanto due modi per provarci in assoluta sicurezza: ovvero quando si è in presenza di un fuorigioco chilometri­co, oppure di un gol decisivo incassato all’overtime.

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