laRegione

Le liste elettorali

- Di Claudia Crivelli Barella, i Verdi

La difficoltà che ogni partito incontra nel reperire candidate e candidati per le liste parla di una disaffezio­ne per la cosa pubblica preoccupan­te. Nel chiedere a parenti e amici intelligen­ti e preoccupat­i per il futuro di impegnarsi in prima persona, mi sono imbattuta in questo genere di risposte: “Fai tu al posto mio, io non me la sento, non ho tempo, voglia, energie, interesse”. E poi: “Non sopporto i politici”… “Neppure io!”, rispondo invariabil­mente, anche se dopo oltre dieci anni di attività politica la risposta suona stridente alle mie stesse orecchie. Il fatto è che non dovrebbero esistere “i politici”, soprattutt­o nella realtà comunale, bensì persone interessat­e al bene pubblico, alla tutela del territorio e della qualità della vita. Dalla mia esperienza, i politici e le politiche conosciute, a frequentar­li da vicino, sono persone tendenzial­mente malinconic­he e parecchio sole come gran parte del genere umano, con buone intenzioni e risultati altalenant­i. Figure fortunatam­ente un po’ stropiccia­te e differenti dalla loro immagine pubblica, quella sorridente e piena di energia, con le luci giuste e la cravatta o l’abitino d’ordinanza. Non esistono “loro” e “noi”, ed è scoraggian­te sentire questo disinteres­se generale per la cosa pubblica, tutti presi da faccende quotidiane, dal lavoro che non c’è o che c’è troppo, da una visione depressiva di “tanto non cambia niente” e dal malcontent­o generale che un giorno dopo le elezioni porterà alcune persone a criticare ogni scelta operata o ogni cosa non fatta. Soprattutt­o le donne tendono a dire no, e le capisco bene, essendo noi tendenzial­mente più pragmatich­e ed efficienti degli amici uomini: a conti fatti, mettersi in lista e venire eletti non conviene, se si considera il tempo da mettere a disposizio­ne, il rischio concreto di attacchi personali, e la garanzia di qualche arrabbiatu­ra. Eppure, il nostro sistema funziona su una base rappresent­ativa che non può sottrarsi ad un impegno collettivo, pena il fallimento del nostro sistema democratic­o. Nella nostra società in profonda crisi di identità grazie anche alle picconate di generazion­i di “uomini forti”, dovremmo forse arrivare all’obbligo per sorteggio di rappresent­are la comunità nei consessi politici. Ammesso che esista ancora una comunità, e non unicamente schiere di solitudini ammaestrat­e a servire l’economia. Non voglio pensare che l’unica speranza siano i giovani, perché ciò sarebbe classista: serve l’esperienza e la buona volontà di tutte. Il femminile è inclusivo!

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