Non gli scappa niente
New York – Registrare e misurare, momento per momento, non solo quanto tempo si trascorre ma anche cosa si fa davanti ad uno schermo: è l’obiettivo di Human Screenome Project, il primo progetto su larga scala per capire e analizzare in molto ultra-dettagliato l’uso dei media e delle tecnologie digitali e del loro effetto su individui e società. A spiegarne i dettagli, sulla rivista Nature, sono tre ricercatori dell’università di Stanford, Byron Reeves, Thomas Robinson e Nilam Ram.
La maggior parte degli studi, fatti nel decennio passato sull’effetto dei media, ha il limite di basarsi sui dati auto-riportati dagli utenti, senza contare che le persone di solito tendono a sotto o sovra-riportare il tempo di esposizione, spesso anche nell’ordine di diverse ore al giorno.
Lo Human Screenome Project è uno sforzo collettivo per analizzare tutto ciò che gli individui vedono e fanno sui loro schermi. “Per registrare i cambiamenti momento per momento sullo schermo abbiamo sviluppato la piattaforma Screenomics, che registra, codifica e trasmette le schermate automaticamente ogni cinque secondi quando l’apparecchio è acceso”, precisa Reeves. A differenza di quanto avviene con uno smartwatch, questo approccio è più accurato, segue l’uso di una persona su piattaforme diverse e raccoglie campioni più frequentemente. “Abbiamo così raccolto oltre 30 milioni di schermate di più di 600 persone”, continua. Per ottenere ancora più dati ad alta risoluzione, secondo i ricercatori, gli accademici dovrebbero collaborare con le aziende che li possiedono, come Google, Facebook, Amazon, Apple and Microsoft, oltre che raccogliere i propri stessi dati.
“Molti anni e miliardi di dollari sono stati investiti in progetti di questa portata sulle neuroscienze, le particelle della fisica o le scienze planetarie, con buoni risultati – concludono –. Ora che gran parte delle nostre vite avviene su uno schermo, questo tipo di strategia potrebbe rivelarsi efficace anche per lo studio dei media”.