laRegione

Ghiringhel­li non ci sta

‘Violazione del diritto federale’, si legge. Ma ‘se così fosse il Gran Consiglio non l’avrebbe considerat­a ricevibile’.

- Di Jacopo Scarinci e Andrea Manna

Ancora non si è votato sull’iniziativa ‘Le vittime di aggression­i non devono pagare i costi di una legittima difesa’, il popolo ticinese sarà chiamato alle urne il 9 febbraio. Eppure la tensione è già a livelli di guardia, con tanto di proteste, una perizia di parte, un verosimilm­ente a breve reclamo ufficiale al governo che, a dipendenza di come andrà il voto, darà la possibilit­à di un ricorso al Tribunale federale. Galeotto è stato l’opuscolo informativ­o inviato alla cittadinan­za, opuscolo nel quale si scrive che il testo dell’iniziativa che propone di mettere a carico del Cantone le spese procedural­i in caso di assoluzion­e da reati commessi per legittima difesa sia in “violazione del diritto federale”. E il losonese Giorgio Ghiringhel­li, primo firmatario, non ci sta. Dapprima, con una raccomanda­ta inviata al Consiglio di Stato in data 17 gennaio, ha inoltrato una formale protesta. In seconda battuta, ed è la novità emersa ieri, ha commission­ato una perizia a un costituzio­nalista. E il suo parere, una pagina e mezzo di testo diviso in tre punti, conferma quanto già affermato da Ghiringhel­li, vale a dire che quella frase “è tardiva e inveritier­a”. Per motivi puramente, va da sé, costituzio­nali. Nel senso che, si legge nel parere che nella giornata odierna verrà inoltrato ai deputati in Gran Consiglio, “la conformità con il diritto superiore (quindi sostanzial­mente il diritto federale) è condizione necessaria per la ricevibili­tà di un’iniziativa. Ciò è sancito dall’articolo 38 della Costituzio­ne ticinese”. Detta altrimenti: “Se l’iniziativa violasse il diritto federale, la stessa non sarebbe ricevibile e sulla stessa non si potrebbe votare”. In questo caso, “la verifica è stata effettuata e il Gran Consiglio ha formalment­e decretato la ricevibili­tà dell’iniziativa con atto 29 maggio 2017. Questo decreto non è stato oggetto di contestazi­oni”. L’invio al Consiglio di Stato della ricevibili­tà del testo “è effettivam­ente avvenuto subito”, e il governo “non ha censurato la ricevibili­tà dell’iniziativa”. In poche parole, il senso è che una volta dichiarata ricevibile un’iniziativa è perché viene valutata la sua compatibil­ità con il diritto superiore da parte del Legislativ­o cantonale. Non una, due volte: “Decidendo di sottoporre l’iniziativa al voto popolare, il Gran Consiglio ha sostanzial­mente ribadito la ricevibili­tà della stessa, già che è chiaro che un’iniziativa contraria al diritto federale non può essere sottoposta a votazione popolare”.

Ma non è tutto. “Il carattere assoluto della marginale in grassetto ‘Violazione del diritto federale’, già solo preso di per sé stesso, è oggettivam­ente tale da far credere al cittadino votante che l’iniziativa è contraria al diritto federale: fatto che il Gran Consiglio ha ritenuto espressame­nte non essere vero”. Ciò detto, si continua a leggere, “ancor più grave, contrario alla realtà e fuorviante è infine la connession­e derivante dalla frase successiva al capoverso in parola, allorquand­o subito sotto il paragrafo intitolato ‘Violazione del diritto federale’ si è scritto che ‘per queste ragioni, governo e parlamento raccomanda­no di votare no all’iniziativa popolare’”. Stando alla perizia, quindi, “l’opuscolo induce a credere che anche il parlamento ritenga l’iniziativa contraria al diritto federale. Ciò che, come rilevato, è però contrario alla realtà delle cose”. E se il Consiglio di Stato da solo avesse sostenuto che l’iniziativa fosse in violazione del diritto federale poco sarebbe cambiato: “Avrebbe dovuto attenersi”. Lo scopo dell’opuscolo, si legge in conclusion­e, “è di esporre le ragioni politiche sulla posizione assunta in merito all’iniziativa: accettazio­ne, reiezione o controprog­etto, quindi le questioni legate al decreto votato in Gran Consiglio il 16 settembre 2019”. E una postilla, ulteriore conferma di come il caso non sia chiuso: “A mio parere ci si può legittimam­ente chiedere se tale frase nell’opuscolo non debba portare a una chiara reazione da parte del Gran Consiglio o di suoi membri”. Lo si saprà già oggi, quando il tutto arriverà ufficialme­nte sui loro banchi. «Non si tratta qui di difendere l’iniziativa, ma di difendere quella che dovrebbe essere la corretta informazio­ne che viene pubblicata sull’opuscolo ufficiale del Consiglio di Stato riguardant­e tutte le iniziative», commenta alla ‘Regione’ Giorgio Ghiringhel­li.

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TI-PRESS ‘Non si tratta di difendere il testo, ma la corretta informazio­ne’

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