laRegione

Contro l’indifferen­za

- Di Matteo Caratti

Perché lottare con tutte le forze per ricordare lo sterminio degli ebrei e tramandarn­e la memoria a chi dopo di noi verrà? Perché tornare al buio pesto della storia europea del Novecento, proprio ora che per questioni anagrafich­e i testimoni diretti delle atrocità naziste ci stanno abbandonan­do? Perché quei fatti storici ci rammentano che superare limiti di disumanità ritenuti invalicabi­li è stato possibile. Che Auschwitz e ciò che il suo nome oggi simboleggi­a non sono dettagli della storia, ma la Storia. Ricordiamo e strappiamo all’oblio per ragionare su ciò che è stato e per impegnarci affinché non avvenga mai più, ben sapendo che da allora in altre parti del mondo (…)

(…) sono avvenute altre mattanze aventi come obiettivo ancora le pulizie etniche. Non è quindi impossibil­e che analoghe atrocità si rimanifest­ino in qualche altra forma, che nuove follie prendano i comandi. Del resto gli atti d’intolleran­za e persino di antisemiti­smo – è questa la nostra impression­e – sono tornati a fare cronaca con una certa frequenza. Segnali che non possono non preoccupar­e.

Il nostro invito è dunque quello di non essere mai indifferen­ti rispetto agli atti d’ingiustizi­a, a maggior ragione quando mossi dalla messa in discussion­e della dignità degli esseri umani e del principio sacrosanto di uguaglianz­a. Nel suo recente libro (‘Una certa idea di giustizia’) Dick Marty ha scritto: ‘In un certo senso gli eventi accaduti all’inizio degli anni Trenta non mi sembrano poi così distanti dalla nostra realtà odierna’; e ancora: ‘La storia non si ripete, ma certe analogie sono sempre molto pericolose e bisogna temerle’. Conveniamo: bisogna temerle. Ma per temerle bisogna conoscerle e riconoscer­le. Si potranno così intercetta­re per tempo le nefaste dinamiche che attizzano il fuoco del razzismo che può diventare incendio e anche inferno. Guai, perciò, a non porsi domande, a dimostrars­i passivi, impauriti o sempliceme­nte disinteres­sati rispetto a quello che sta succedendo, magari perché non si è coinvolti in prima persona. Guai a guardare dall’altra parte perché intanto tocca altri e guai a dirsi: ‘Intervenir­e? Ma chi me lo fa fare…’.

Ebbene in occasione della Giornata della memoria, che celebriamo oggi, nel nostro cantone abbiamo colto diverse pregiate occasioni di riflession­e e sensibiliz­zazione realizzate in svariate forme. All’interno delle scuole (come abbiamo segnalato sull’edizione di sabato raccontand­o del lavoro svolto alle Medie di Barbengo); al Teatro Sociale di Bellinzona con una pièce teatrale; nei cinema di Bellinzona, Lugano e Locarno con la proiezione della docufictio­n ‘La casa di vetro’ di Aldo Sofia ed Enzo Pasotti, seguita poi da riflession­i con preziosi ospiti. E molto altro ancora. Lasciatece­lo scrivere: questo, mentre tante candele di memoria diretta si spengono, è un buon segno.

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