Il dicziunari rumantsch cinese – e il Ticino di Andrea Caccia
Un po’ delusi dal ‘Bruno Manser’ di Niklaus Hilber – produzione importante, peccato che all’abbondanza di mezzi non corrisponda la qualità delle idee – e non particolarmente entusiasmati dal seppur interessante ‘Le milieu de l’horizon’ della losannese Delphine Lehericey, finora il meglio di queste Giornate del cinema svizzero di Soletta lo si è visto tra i documentari. ‘Amazonian Cosmos’ di Daniel Schweizer (prodotto da Tiziana Soudani) riprende curiosamente gli stessi temi di ‘Bruno Manser’ – l’ecologia come “antico sapere” sciamanico perduto in Occidente – ma con il pregio di incentrare il racconto su Jaider, un indiano Makuxi nel suo viaggio per San Francisco, Ginevra e Roma, evitando il paternalismo occidentale e insulse sparatorie nella giungla.
Altra storia interessante, quella di ‘Made in China’ di Bertilla Giossi, un documentario molto classico nella realizzazione che ci porta a Nanchino dove un gruppo di dattilografe ha digitalizzato il Dicziunari Rumantsch Grischun. Per 19 mesi sei persone hanno ricopiato i vari volumi dell’opera – con maggior precisione di un europeo che, conoscendo la lingua o comunque l’alfabeto, si sarebbe lasciato ingannare dai complessi segni fonetici usati nel dizionario.
Poi c’è ovviamente una questione di costi ma, ci assicura il documentario, le dattilografe hanno lavorato otto ore al giorno e con un buon stipendio, come ci conferma la casa “piccolo borghese” di una di esse. Molto interessante anche la parte iniziale del documentario, dedicata alla nascita del dizionario romancio e che ben riassume la complessità del lavoro di redazione di un dizionario – il che non vale solo per il romancio.
Infine, a Soletta è passato anche il notevole ‘Tutto l’oro che c’è’ di Andrea Caccia, una sorta di lunga lettera d’amore del regista verso il fiume Ticino e per tutte le forme di vita che vi vivono, da alberi, insetti e uccelli (tutti citati nei titoli di coda) a cacciatori, cercatori d’oro e bambini. Quasi due ore di immersione visiva e uditiva (ottimo il lavoro del tecnico del suono Luca Bertolin) che incantano nonostante l’assenza quasi totale di dialoghi. Da vedere, se si riesce, su grande schermo.