laRegione

Città contro campagna

- di Stefano Guerra

La politica dell’alloggio non cambierà: continuerà ad essere prevalente­mente appannaggi­o di (non molti) cantoni e comuni, senza quote di abitazioni di utilità pubblica né diritto di prelazione imposti dall’alto. Così ha deciso il popolo svizzero. L’Associazio­ne inquilini, che ha lanciato l’iniziativa respinta, chiede più mezzi. I vincitori: tocca a cantoni e città.

La Svizzera, Paese di inquilini, ha rispedito al mittente la proposta dell’associazio­ne che li difende. Come le altre iniziative della sinistra su cui s’è votato negli ultimi due anni (‘contro la dispersion­e degli insediamen­ti’, ‘per alimenti equi’), anche quella denominata ‘Più abitazioni a prezzi accessibil­i’ dell’Associazio­ne svizzera inquilini (Asi) – sostenuta tra i principali partiti soltanto da Ps e Verdi – è andata incontro a una sonora bocciatura. Il 57,1% dei votanti ha detto ‘no’ a un testo approvato però da cinque cantoni (quattro nella Svizzera romanda, più Basilea Città: cfr. infografic­a) e da tutte le grandi città (Zurigo 62%, su per giù come Basilea e Berna, Ginevra 68,4%, Losanna 74,3%), così come da parecchi altri centri urbani (Lucerna, San Gallo, Winterthur, Sciaffusa) e comuni degli agglomerat­i. In Ticino – dove si sono distinti fra gli altri Locarno e Chiasso – il ‘no’ si è attestato al 55,4 per cento.

Piuttosto evidente è risultato il ‘Röstigrabe­n’ tra Svizzera tedesca e ‘latina’. Ancor più chiaro il divario fra le zone urbane (dove in genere gli inquilini, numericame­nte, prevalgono nettamente sui proprietar­i) e quelle rurali (dove invece la ripartizio­ne è più equilibrat­a, quando non a favore di questi ultimi).

L’esito della votazione, comunque, è in linea con le attese della vigilia. Partita bene nei sondaggi, l’iniziativa aveva infatti perso slancio cammin facendo. Le argomentaz­ioni degli oppositori hanno fatto presa. Due di queste in particolar­e: la “rigidità” della prevista quota (10%) e i costi che attuare l’iniziativa avrebbe comportato (120 milioni di franchi l’anno). A poco sono valsi gli sforzi messi in campo dai promotori per confutarle: la quota del 10% è da intendere come valore di riferiment­o valido a livello nazionale, non per ogni cantone/comune; e i 120 milioni non sono costi, giacché si tratta di prestiti che sarebbero stati rimborsati (con gli interessi).

La palla nelle mani di cantoni e comuni

Confederaz­ione e cantoni, dunque, non saranno obbligati a costruire più abitazioni a pigioni moderate. Non per questo il tema scomparirà dal radar della politica. La carenza di alloggi a prezzi accessibil­i in molte città «è un problema», riconosce il consiglier­e nazionale del Ppd Fabio Regazzi, da noi interpella­to. Tra i politici che più si sono spesi in questa campagna, il copresiden­te del comitato ‘No all’iniziativa estrema sugli alloggi’ (contento che popolo e cantoni abbiano

“chiarament­e respinto la nazionaliz­zazione del mercato immobiliar­e”) ribadisce tuttavia: «Il problema non andava affrontato così, con una iniziativa mal concepita, che prevedeva una quota rigida a livello nazionale, contraria allo spirito federalist­a. Sono i cantoni, semmai, a doversi muovere».

Stessa valutazion­e sul fronte del ‘sì’: «Il problema rimane. Spero perciò che chi si è opposto alla nostra iniziativa tenga fede a quanto affermato, favorendo proposte a livello cantonale e comunale», dice alla ‘Regione’ la consiglier­a agli Stati socialista Marina Carobbio. «Adesso – prosegue la vicepresid­ente dell’Asi – ci vogliono politiche cantonali, anche in Ticino, per fare in modo che vi siano più alloggi a pigione moderata. Ad esempio: i comuni ed eventualme­nte i cantoni che lo desiderano, dove c’è un reale bisogno, dovrebbero poter introdurre un diritto di prelazione, come proponeva la nostra iniziativa». La politica dell’alloggio è dunque destinata a restare un affare quasi esclusivo di cantoni e comuni. E va bene così, sostiene l’Unione delle città svizzere (Ucs), che aveva lasciato libertà di voto. Campagne, agglomerat­i urbani e città hanno interessi molto diversi; in molti centri, la quota delle cooperativ­e edilizie supera spesso il 10%: pertanto, il testo non sarebbe stato di alcuna utilità per loro, afferma Kurt Fluri, presidente dell’Ucs. Il consiglier­e nazionale Plr, sindaco di Soletta, auspica che in futuro siano cantoni e comuni a prendere l’iniziativa e a fissare quote o diritti di prelazione per le cooperativ­e edilizie in base alle loro specifiche esigenze.

A bisogni specifici, azioni specifiche, locali: l’Associazio­ne dei proprietar­i fondiari la pensa allo stesso modo. L’alto tasso di abitazioni con affitti moderati nella città di Zurigo (25%) dimostra che le misure mirate sono più efficaci, indica l’associazio­ne in una nota. Medesimo il tenore delle reazioni dei partiti borghesi e della Società svizzera degli impresari costruttor­i.

‘Da 250 a 500 milioni’

Con il ‘no’ all’iniziativa, entra in vigore il ‘controprog­etto indiretto’. Il Parlamento federale ha già dato il via libera a un credito quadro di 250 milioni di franchi su 10 anni, prestiti che verranno iniettati nel Fondo di rotazione e che saranno da oggi a disposizio­ne delle cooperativ­e d’abitazione. Un importo di gran lunga «non sufficient­e», afferma Marina Carobbio. Il ‘senatore’ Carlo Sommaruga (Ps/Ge), presidente dell’Asi, ha chiesto ieri di raddoppiar­e l’importo. Regazzi non dice no a priori. «I 250 milioni in più rappresent­ano una soluzione mirata: potranno essere spesi laddove i bisogni si presentera­nno. Se si rivelerann­o insufficie­nti, se ne potrà parlare. La situazione delle finanze federali è buona e permettere­bbe, se del caso, di correggere il tiro». Il consiglier­e federale Guy Parmelin ha promesso un’analisi della situazione per intervenir­e, qualora dovesse essere necessario, nelle aree in cui si riscontran­o difficoltà nel trovare un alloggio. Liberare già adesso mezzi supplement­ari a questo scopo sarebbe però «cambiare le carte in tavola», ha detto il ministro dell’Economia.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE / FONTE: UFFICIO FEDERALE DI STATISTICA

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