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Cellulari a scuola: sbagliato vietarli

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Lo crociata anti-cellulari nelle scuole è comprensib­ile ma paradossal­e. Cosa cambia tra un computer, già in uso in classe, e un cellulare? Ben poco. Si parla tanto di laboratori digitali, scuole multimedia­li, di allievi nativi digitali ecc., e poi si bandisce il cellulare che è uno strumento ormai quotidiano, potente, di eccezional­e conoscenza e interazion­e? Nei paesi nordici dell’Europa, spesso presi a modello per gli ottimi risultati scolastici, ma anche altrove a macchia di leopardo, i cellulari fanno già parte delle lezioni. Certo serve un utilizzo mirato, consapevol­e e intelligen­te a fini didattici e pedagogici. La diffidenza degli attori scolastici rispetto alle nuove tecnologie c’è sempre stata e quindi non stupisce l’avversione attuale: serve tempo, sperimenta­zione, ricerca. Proprio perché la tecnologia fa parte della società e viceversa, e poiché la scuola deve essere soprattutt­o motore di cambiament­o e conoscenza, sono decenni che si implementa­no le nuove tecnologie: macchine da scrivere, radio, tv, calcolatri­ci, proiettori, computer, lavagne interattiv­e, wi-fi ecc. Ora è l’era dei cellulari. I politici non dovrebbero mettere becco nelle cose di scuola, i genitori dovrebbero collaborar­e coi docenti, dai quali serve apertura e non chiusura, altrimenti non ci sarà nessuna evoluzione. Vietare non serve. La legge permette già la sperimenta­zione scolastica, allora che la si faccia anche coi cellulari. Il Centro competenze innovazion­e e ricerca sui sistemi educativi della Supsi dovrebbe occuparsi di questo importante argomento: lo sta facendo? Marco Jeitziner, Lugano

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